Bye bye Ztl. Elly Schlein vuole portare il Pd nelle periferie e far fuori tutti i vecchi dirigenti. Il voto alle Europee, dove i dem hanno raccolto il 24 %, rafforza la leadership della segretaria e apre la fase di «schleinizzazione» del partito. L'obiettivo è arrivare al voto nel 2027, con una forza politica costruita a immagine e somiglianza della leader. La prima scommessa, il voto per le Europee, della segretaria è vinta. Ora può iniziare la fase di rigenerazione del Pd, senza cambiare nome. Schlein si muove in due direzioni: rinnovamento della classe dirigente e impulso a battere i territori, abbandonando i salotti di Claudio Baglioni e Antonello Venditti. La rotta è stata tracciata nel corso dell'ultima direzione nazionale. «Si deve accelerare», è l'ordine impartito da Schlein. Già in estate, la segretaria vuole vedere un segnale di inversione: «Non andiamo nelle feste più grandi, proviamo a invertire questa tendenza, proviamo ad andare alle feste nei paesi più piccoli, nelle periferie, nei paesi di montagna, facciamo questo sforzo. Io lo farò per prima». E poi da settembre, un lungo viaggio nelle aree interne. «Abbiamo bisogno di sviluppare una proposta che parli alle aree interne». Il perché del cambio di passo è spiegato con la difficoltà elettorale della segretaria nei piccoli comuni, a differenza dei risultati importanti conseguiti nelle grandi città. La segretaria sprona il gruppo nazionale: «Abbiamo bisogno di sviluppare una proposta che parli alle aree interne. Dobbiamo andare noi verso e non aspettare che siano loro a venire a interessarsi. Dobbiamo tenere presente che ci sono fratture, ma non ci sono luoghi marginali. Faremo un lavoro specifico di attraversamento delle aree interne, nelle aree del non voto». Il secondo punto del piano di schleinizzazione è una rottamazione dei vecchi dirigenti. Schlein è netta: «La selezione dei dirigenti che non può essere fatta solo sulla base delle preferenze». Un messaggio forte ai cacicchi. Del Sud (De Luca, Emiliano, Provenzano) e del Nord (Giani, Bonaccini). In Campania la segretaria vuole dare un'impronta nuova al partito. Al coordinamento regionale si valuta la sostituzione del commissario Pd, Antonio Misiani. Schlein chiede un nome che segni una rottura netta con il passato. L'identikit corrisponde al profilo di Sandro Ruotolo, neoeletto al Parlamento europeo. C'è da superare la resistenza della classe dirigente locale. L'altro nome su cui scommette la segretaria è il giovanissimo Marco Sarracino, già responsabile Sud del partito. L'altro dossier aperto è in Toscana. Una fronda di 80 dirigenti toscani, tutti di area Schlein, ha chiesto la testa del segretario regionale Emiliano Fossi. L'accusa contro il coordinatore toscano Pd è di non aver imposto una fase di discontinuità con il passato. Anzi, nella missiva si addebitano a Fossi «metodi renziani» nella gestione del partito. E «la nuova mano di Schlein si vedrà, assicurano i suoi, anche nella scelta dei candidati per le competizioni elettorali». A breve si andrà al voto in Umbria ed Emilia Romagna. La minoranza incassa e si allinea.
Per ora è complicato aprire un fronte di guerra contro la segretaria. Giorgio Gori è l'unico che si spinge in una critica alla capa Pd. L'anti-Schlein c'è già: l'ex sindaco di Bari Antonio Decaro. Ma squadra che vince non si cambia. E dunque Don Antonio da Bari può attendere.
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