Tra scoop e angoscia, l'ultima frontiera della verità in onda

L'uomo ha confessato ai microfoni televisivi mentre era nei pressi del portone di casa

Screen Pomeriggio Cinque
Screen Pomeriggio Cinque
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È un bambino di cinquant'anni quello che davanti alle telecamere di Pomeriggio Cinque, stringendo nella mano destra un fazzoletto abusato da ventiquattr'ore di lacrime e paura, confessa l'omicidio della madre ottantenne. Non lo sa nemmeno lui perché lo ha fatto, e comunque non è in grado di spiegarlo. Oscilla tra l'emozione di essere vicino a un giornalista col microfono e l'angoscia di trovarsi sotto al portone di casa: che non è più casa perché dentro non c'è più nessuno ad aspettarlo. Si appoggia al citofono e piange in quel suo fazzoletto «malmenato»: lo ha stretto, schiacciato, strizzato, ci si è aggrappato come a una coperta di Linus e non lo ripone neppure davanti al cronista. Poi, in un attimo, si riprende. Asciuga le lacrime e «sì, chiamateli voi i carabinieri, meglio» dice convinto di una malriposta confidenza con «quelli della tv». Un bambino di cinquant'anni... che non capisce cosa sta confessando, come e a chi. Ieri su Canale 5 è andato in onda un «colpaccio» dal punto di vista giornalistico e una miseria dal punto di vista umano. Solo «loro», quelli dell'ammiraglia Mediaset, hanno fatto lo scoop, tutti noi abbiamo contribuito allo scempio. Per gradi, giorno dopo giorno, alimentando la morbosità, assecondando la negazione del limite. Prima i coming out sui gusti sessuali, poi i divorzi, poi le corna, poi gli abusi subiti da piccoli, poi i disturbi alimentari, poi le ossessioni, poi i figli illegittimi, poi le malattie... La verità vomitata ovunque, la televisione e i giornali come un luogo di autocoscienza comune, il mondo come uno spazio di guarigione personale. Ha preso a valere tutto. Ma la confessione di un crimine tanto efferato non la si vedeva di tempi di Ferdinando Carretta quando nel 1998 raccontò a Chi l'ha visto di aver sterminato la su famiglia, scomparsa nel 1989.

E poi ieri, a Modena, con questo vecchio bambino spaesato, «inchiodato» sotto i portici del palazzo in cui ha vissuto tutta la vita e nel quale, verosimilmente, avrebbe continuato a campare senza altre prospettive che i bisticci con l'anziana madre davanti alla tv nel polveroso salotto di casa e le minestre in brodo consumate sul tavolo da pranzo, tra i centrini in pizzo. Quando lo hanno trovato i cronisti era reduce da una fuga durata meno di ventiquattr'ore e consumata a Pavullo, nel paese vicinissimo al suo. Come tutti quelli che non vogliono e non sanno scappare per davvero...

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