La scoperta dei pm: "La lista del trojan è stata manipolata"

I dati del cellulare dell'ex toga finivano su server privati. La richiesta di nuove indagini

La scoperta dei pm: "La lista del trojan è stata manipolata"
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«La lista delle programmazioni del trojan è stata quindi manipolata da una (maldestra) mano umana, che ha cercato di ricostruire in qualche modo le programmazioni (commettendo una serie di errori»: è questo il passaggio chiave della richiesta che il 18 ottobre il tribunale di Napoli dovrà esaminare per decidere se ordinare nuove indagini sullo scandalo delle intercettazioni sparite. È una inchiesta che va avanti da oltre tre anni sotto traccia, e che si muove esattamente sul tema sollevato ieri dal ministro Carlo Nordio: la scomparsa dai fascicoli del «caso Palamara» di una parte delle intercettazioni. Questa scomparsa, dice da sempre Palamara, ha permesso di indirizzare le indagini della procura di Perugia in una sola direzione, «salvando» dallo scandalo le correnti di sinistra.

L'inchiesta napoletana partiva dalla scoperta che la società incaricata dalla procura di Perugia di inoculare il «captatore informatico», ovvero il trojan, nel telefono di Palamara aveva fatto approdare i dati non sui server della procura ma sui cervelloni installati fuori da ogni controllo nella sua sede napoletana. La società si chiama Rcs, è un colosso del settore, lavora per le procure di tutta Italia: ma dell'esistenza dei propri server privati non aveva mai fatto menzione a nessuno. Tanto che l'allora procuratore di Napoli Giovanni Melillo si era mostrato scandalizzato dall'apprenderlo, «Questo non c'è mai stato reso noto ed è assolutamente fuori dalle regole».

I capi di Rcs sono stati indagati e interrogati, alcuni dei tecnici della società sono stati indagati. Sulla struttura del sistema informatico di «Carrier», il trojan installato sullo smartphone di Palamara, si sono combattute complicate perizie tecniche. Sui dati hanno lavorato anche i periti delle presunte vittime, tra cui l'ex deputato Cosimo Maria Ferri, anche lui intercettato insieme a Palamara. E hanno concluso che i server illegali della Rcs ricevevano i «i segnali captati e li registravano» con possibilità di «copia e modifica da parte di soggetti privati su server da loro gestiti, non autorizzati e di cui l'Autorità giudiziaria che aveva disposto le intercettazioni ignorava l'esistenza». Prima di arrivare alla Procura, insomma, le intercettazioni del trojan passavano per le mani di Rcs che ne faceva quello che voleva. Conseguenza: di almeno quattro intercettazioni realizzate nei giorni cruciali dell'inchiesta si è persa ogni traccia, arrivano a Rcs ma non arrivano mai in Procura.

La procura di Napoli ha chiesto l'archiviazione dell'indagine, ma il legale di Ferri, Luigi Panella, si è opposto chiedendo nuove indagini e in alternativa l'imputazione coatta per depistaggio. Non si tratterebbe cioè di un malfunzioamento casuale ma di una operazione deliberata per alterare il corso delle indagini. Non è casuale che le operazioni di modifica avvengano anche a ridosso dei giorni cruciali dell'indagine, quando viene effettuata la famosa intercettazione della riunione all'Hotel Champagne sulla spartizione delle cariche giudiziarie.

In quelle stesse giornate, i dati che vengono trasmessi da Rcs alla procura di Roma presentano una serie di anomalie spiegabili solo con delle manomissioni, spesso disaccorte.

Saltano i numeri di codice, compaiono annotazioni incongrue: una intercettazione viene definita «molto importante», poi invece si sentono solo rumori di fondo e Palamara che salute degli sconosciuti. La domanda è: per conto di chi ha agito Rcs, da sempre legata a doppio filo agli apparati dello Stato?

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