Lo scudo Cantone non funziona più Renzi e Grillo fanno i conti con l'etica

Il presidente dell'Anac rigetta il ruolo di "marchio di garanzia"

Lo scudo Cantone non funziona più Renzi e Grillo fanno i conti con l'etica

Roma - La Francia vorrebbe adottare l'Anac, e pure una versione francese di Cantone. La notizia arriva a margine dell'audizione di Paolo Foietta, commissario alla Torino-Lione, in Commissione Esteri della Camera. Ed è, immaginiamo, una notizia che porta un sospiro di sollievo in ore difficili, al magistrato in aspettativa e presidente dell'Anti Corruzione Raffaele Cantone, che invece sul suo ruolo, in Italia, qualche domanda se la sta ponendo. L'asse dell'illegalità congiunge idealmente la capitale d'Italia, con l'arresto di Marra che squarcia il cielo di carta della terzietà dei cinque stelle rispetto ai tempi di Mafia Capitale e l'altra, Milano, per definizione di Cantone la «capitale morale» della legalità ai tempi di Expo, dove oggi il sindaco Sala è indagato proprio su Expo. Ed è da qui che bisogna partire, dal garantismo di Cantone che liquida i fatti della giunta Raggi con un «mi astengo da qualunque valutazione» e su Sala, se possibile, ci va ancora più cauto. Giudica «eccessiva» l'autosospensione, rispetto a un semplice atto «dovuto» della magistratura, ricorda la collaborazione «leale» con l'allora manager di Expo. Cantone ripete a più riprese come un refrain che le contestazioni a Sala risalgono a due anni prima l'incarico all'Anac di vigilare sui lavori dell'Expo.

Lo dice in tutte le interviste e ognuna di esse somiglia a un'excusatio non petita, parola d'ordine prendere le distanze: non sapevo, non potevo, non era di mia competenza. «Non ho mai pensato di essere Superman», dice Cantone, che non ha «mai sostenuto di poter impedire la corruzione, non ne abbiamo gli strumenti». Eppur, i super-poteri li ha avuti tutti. da deus-ex-machina della macchina di governo Renzi: proprio lui, chiamato in causa ad ogni difficoltà, stupisce che si sia perso per strada a suo tempo pure le infiltrazioni della Mafia Calabrese ad Expo, lui che ha contribuito con successo, negli anni come magistrato, alle indagini sulle infiltrazioni mafiose all'estero e nel Nord Italia. Cantone è forse oggi più in difficoltà con se stesso, per il tributo che deve alla sua lunga storia di magistrato, in prima linea contro il potente clan dei Casalesi, più che nei confronti di quell'establishment politico di cui teme di essere capro espiatorio. Renzi ha fatto di lui lo status symbol di una classe dirigente rottamatrice, il testimonial ideale per Expo, che avrebbe dovuto consacrare il PD sala-renziano. E com'è andata si è visto.

Sarà per questo che Cantone si affretta a smarcarsi di un ruolo che gli sta ormai stretto, dice che «la politica deve recuperare la capacità di fare le sue scelte, indipendentemente dalla magistratura», e poi ancora, che «le chiavi ce le ha la burocrazia amministrativa che spesso la politica fa fatica a scegliere». L'unica cosa certa nei suoi interventi è che le chiavi non poteva averle lui. La politica si salvi da sola.

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