I nostri figli saranno tutti ottimi attori, ma non sapranno dirci quando è nata l'Italia. Una provocazione, una distopia, per dire che uno Stato che riapre (a breve) cinema e teatri, e ri-chiude le scuole, ha più di un problema di identità. Attenzione, è una buona notizia quella che riguarda la nostra industria culturale, un mondo finora poco presente nel mainstream mediatico che ha a che fare con tanti posti di lavoro e con i bisogni della nostra mente.
Ma la formazione è tutto un altro tipo di scommessa. C'è in gioco l'impianto intellettuale ed etico di un'intera generazione. Da un anno è il luogo delle principali sconfitte del Pubblico nella sfida con la pandemia. Mi sono convinto che non sia neanche più e neanche soltanto un problema politico, se sono sullo stesso piano il Nord e il Sud, il Veneto e la Campania, Zaia e De Luca, e dunque la Lega e il Pd, e l'ortodossia qui interessa poco. La paura ora sono le varianti con gli studenti potenziali duplicatori del contagio in quanto asintomatici. Credo che per scoprire le radici di questa apocalisse scolastica bipartisan, bisogna entrare nei labirinti del famigerato comitato tecnico-scientifico che antepone la freddezza oggettiva (ma non infallibile) di un algoritmo alla lettura della realtà fatta dall'intuito, dalla visione di un soggetto umano, fallibile ma umano. All'algoritmo dei reparti di neuropsichiatria pieni di ragazzi e bambini destabilizzati non importa un fico secco. Prima c'erano le aule troppo strette, e sappiamo che non ci sono i soldi per costruire nuovi edifici. Soldi che però abbiamo speso per banchi a rotelle di cui i maestri del reportage ideologico parlano stranamente poco.
Poi i trasporti, ma un manager di area leghista come Gibelli, Presidente di Asstra, l'Associazione dei trasporti italiani, mi ha spiegato bene in un'intervista che più che nuovi mezzi, servono i nuovi orari delle città. Per ore durante la giornata gli autobus pubblici girano vuoti dopo essere stati presi d'assalto solo la mattina. Basta mettersi intorno a un tavolo e coordinare gli scaglionamenti. Basta mettersi intorno a un tavolo e decidere di vaccinare insegnanti, studenti e personale di servizio tra le categorie prioritarie. Sono in tutto più di 9 milioni di persone.
Intanto si potrebbero stabilizzare i precari, così mancherebbero 30 mila insegnanti anziché 60 mila. Ecco la variante che fa più paura, dire sempre le stesse cose mettendo i veri problemi strutturali della scuola sotto il tappeto e non nell'agenda.
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