Dalla scuole ai cinema fino ai fast food: ogni giorno 172 sparatorie e 43 morti

Negli Stati Uniti ci sono 310 milioni di armi con le quali si risolve qualunque tipo di contenzioso. E le motivazioni sono spesso banali

Dalla scuole ai cinema fino ai fast food: ogni giorno 172 sparatorie e 43 morti

Ammazzano perché non parlano con la madre da anni, se non con le mail, anche se vivono una accanto alla stanza dell'altro. Ammazzano perché a scuola ce l'hanno con loro, perché i bulli li prendono in mezzo, e allora bisogna colpirne cento per educarne uno. Ammazzano «perché le donne sono tutte serpenti», perché li hanno licenziati, perché si credono dei supereroi, Devil, la Torcia o Capitan America. Sparano ai tavoli dei MacDonald's, tra i banchi dei college, sulle poltroncine del cinema. Con le Browning semiautomatiche, con i Winchester a canna liscia, con i fucili a pompa. A volte lasciano un messaggio come Cho Seung-hui che prima di ammazzare 32 ragazzi come lui al campus universitario di Blacksburg, Virginia, mandò un video alla Nbc: «Grazie a voi, muoio come Gesù Cristo, per ispirare le generazioni di persone deboli e indifese». Nessuno se ne ricorda più.

La storia dell'America è scritta con la polvere da sparo e non solo per quella miccia che è il secondo emendamento che garantisce ambiguamente «il diritto di portare armi, al fine di mantenere una ben regolata milizia». Dopo duecentoventuno anni la legge che ha fatto della terra dei liberi un'eterna Dodge City ha messo nelle mani degli americani 310 milioni di armi, tra fucili e pistole, la metà di quelle che circolano nell'intero pianeta pur essendo la popolazione americana poco più del 4% di quella globale. Le sparatorie sono la colonna sonora della vita dell'americano medio, la «gun culture» su cui si fonda l'identità del Paese. Quella della scorsa notte a Las Vegas, spiegano i contabili della morte, è la peggiore sparatoria della storia degli Stati Uniti. E per sparatoria, si intende almeno quattro vittime. Ma solo quest'anno, i numeri sono di GunViolence, sono state 46.595 le discussioni regolate a colpi di pistola, 11.652 le vittime innocenti abbattute, 23.516 i feriti, 545 i bambini ricoverati d'urgenza con ferite gravissime. Cioè 172 sparatorie e 43 morti al giorno, un quinto dei morti caduti in Vietnam solo da gennaio a oggi.

Prima di ieri notte, la tragedia più grave era stata quella dell'anno scorso a Orlando, in Florida, quando Omar Mateen, americano di origini afgane eliminò 49 persone in un night club gay. Ma ci sono stati anche le stragi del Contado di Pike, 8 morti, una famiglia intera sterminata nel sonno e il killer ancora senza nome; di Kalamazoo, Michigan, sei persone, tra cui un bambino di 8 anni; di San Bernardino, California, 14 persone fatte fuori durante un matrimonio; di Washington, quartier generale della Marina, 13 soldati caduti lontano dalla guerra; di Newton, California, 20 bambini uccisi all'asilo. Non si salvano nemmeno quelli che i pazzi li devono curare come lo psichiatra militare Nidal Hasan che ha ammazzato 13 commilitoni nel nome dell'Isis a Fort Hood.

E le stragi nelle scuole a partire da Columbine, la madre di tutti gli orrori, 13 morti. Un esercito di «gun slingers», pistoleri della porta accanto, che fa più morti tra gli innocenti che tra i colpevoli. Più di così si muore.

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