Io spero che negazionisti e allarmisti la smettano di litigare, tra l'altro inutilmente, su «chiusure sì» e «chiusure no» e si alleino in una battaglia comune con il seguente obiettivo: a ogni chiusura corrisponda un indennizzo economico vero e immediato. Ma non alla Conte, cioè teorico o complicato al punto da diventare irraggiungibile. Parlo di soldi veri e contanti che risarciscano imprenditori, commercianti e famiglie del danno economico provocato da decisioni politiche.
Utopia? Non penso, in molti Paesi è la prassi fin dall'inizio della pandemia. Non ci sono soldi a sufficienza per farlo? Non mi risulta, anzi il governo e i leader della maggioranza ripetono in ogni occasione come un mantra che «il problema non sono i soldi», tanto da non voler accedere ai prestiti europei. I casi sono due: o è vero, e quindi non ci sono problemi, o è falso e allora vuol dire che ci stanno prendendo in giro.
Credo che la verità stia nel mezzo: ci prendono in giro perché le disponibilità finanziarie ci sono ma non sono quelle che millantano e ammetterlo farebbe cadere il castello di bugie che ci hanno raccontato in questi mesi su quanto sono bravi e belli. Ma questi sono affari loro, quello che non è possibile è richiudere città, regioni o addirittura l'intero Paese alle condizioni del precedente lockdown, cioè quasi gratis.
Già mi sento la replica di chi ci governa: «Ma noi in questi mesi abbiamo stanziato tanti miliardi come mai prima». Non ne dubito, ma alla gente danneggiata sono arrivati pochi spicci, in ritardo e neppure a tutti gli aventi diritto. Indennizzare è una questione di giustizia, è un dovere dello Stato (a questo serve, altrimenti la smetta di fare l'esattore ingordo) ed è anche l'unica via per evitare che dopo il virus sfugga di mano anche la tensione sociale.
Ecco, attenzione a togliere la dignità a chi ha passato una vita non mantenuto dal reddito di cittadinanza, ma con il frutto del suo lavoro. Mes o non Mes fate voi, ma datevi una mossa.
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