Meglio un computer di un politico. Ne sono convinti, secondo uno studio della Ie University, 59 italiani su cento: per la maggioranza degli italiani l'intelligenza artificiale potrebbe sostituire ministri e parlamentari e mandare comunque avanti il Paese a colpi di algoritmo. In Cina questa quota raggiunge vette del 75%, ma non ci vuole un «cervellone», né elettronico né umano, per comprenderne il perché.
Alle Politiche di settembre il 34% degli italiani non si è presentato ai seggi: la lontananza della politica dai cittadini è una spiegazione banale ma nemmeno troppo lontana della realtà. Un Paese che esulta per il taglio dei parlamentari non può che tifare per la loro sostituzione con una macchina. Non costa, non conosce il «magna magna» e presumibilmente non pensa esclusivamente ai propri interessi. Un click oggi, un sondaggio domani e il Palazzo va avanti da solo. È solamente uno step successivo alla democrazia partecipata tanto cara al M5s. Peccato che sostituire la tecnica alla politica significhi affidarle caratteristiche salvifiche che non possiede.
Esempi concreti già esistono, osservando ciò che accade online. Basta fare una ricerca anche disinteressata per un paio di scarpe e nei giorni successivi saremo inondati da banner pubblicitari inerenti. «Remarketing» e «pubblicità display» sono le chiavi di queste campagne, per calarle in politica serve un passettino in più.
Negli Stati Uniti il progetto «Ai Politician» è già avviato: un database raccoglie le prospettive di ogni cittadino per restituire una linea politica unica e generale. «Non dobbiamo andare d'accordo ma trovare un compromesso», spiega l'Ong che ha lanciato il progetto. Non a caso, Franz Liszt disse che «la politica è la scienza dell'opportunismo e l'arte del compromesso». Ma oggi troppe volte viene mescolato con l'inciucio politico, l'ambivalenza, la poca integrità morale. Il Qatargate ne è l'ultimo esempio: un elettorato già disaffezionato è spinto ancora più in là quando legge di valigie piene di banconote, frutto di spericolati tentativi di orientare l'attività politica.
Perché, in fin dei conti, l'intelligenza artificiale un pregio ce l'avrebbe pure: a differenza di alcuni politici, il cervellone elettronico al momento non pare essere corruttibile. Semmai lo potrebbe essere chi sta dietro l'algoritmo. Ma questo è un loop dal quale nemmeno un'intelligenza artificiale saprebbe uscire.
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