Se a sinistra non basta mai la condanna del fascismo

In principio fu la svolta di Fiuggi con il passaggio dal Msi ad An grazie a Pinuccio Tatarella, poi le parole di Giorgia Meloni in campagna elettorale "condanno senza ambiguità dittatura e leggi razziali"

Un primo piano di Benito Mussolini
Un primo piano di Benito Mussolini
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In principio fu la svolta di Fiuggi con il passaggio dal Msi ad An grazie a Pinuccio Tatarella, poi le parole di Giorgia Meloni in campagna elettorale «condanno senza ambiguità dittatura e leggi razziali» e nel suo insediamento da presidente del Consiglio «mai provato simpatie per i regimi, fascismo compreso», infine le dichiarazioni nel centenario della morte di Giacomo Matteotti: «Siamo qui a commemorare un uomo libero e coraggioso ucciso da squadristi fascisti per le sue idee». Parole inequivocabili che testimoniano la distanza tra una destra conservatrice e il fascismo, d'altro canto nel momento in cui si giura sulla Costituzione si accettano implicitamente i valori della Repubblica italiana di libertà e democrazia. Ciò vale a maggior ragione se a farlo sono politici che da un punto di vista anagrafico non hanno nulla a che spartire con quanto avvenuto prima del 1945. Eppure alla sinistra non basta mai. Non è sufficiente condannare il fascismo ma bisogna dirsi antifascisti, non basta prendere le distanze dal regime ma occorre citare Mussolini, in un continuo crescendo di richieste perché il semplice fatto di avere una storia di destra è motivo per avanzare pretese. Al contrario, non solo la sinistra italiana non prende le distanze dal comunismo né si dichiara anticomunista ma, in molti casi, rivendica con orgoglio il proprio passato comunista. L'ultimo esempio in ordine di tempo è arrivato in occasione della commemorazione di Giacomo Matteotti in Parlamento avvenuta giovedì alla presenza, oltre che del capo dello stato Sergio Mattarella, di Giorgia Meloni e Ignazio La Russa.

Nonostante la loro presenza e le chiare parole del premier, il Pd ha affermato che «la destra va in direzione opposta alla lezione della Meloni», Giuseppe Conte ha aggiunto che avrebbe potuto dire «che il mandante non poteva che essere Mussolini» e Bonelli se l'è presa con «la freddezza di La Russa». Qualsiasi cosa la Meloni dirà non andrà bene, meglio quindi guardare al futuro.

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