Roma C'è tutto, fuorché chiarezza nella questione della Sea Watch, la nave della Ong tedesca che da giorni attende di sbarcare in qualche porto europeo. Sulla vicenda si è arrivati addirittura allo scontro tra i due vicepremier, Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Il primo apre a donne e bambini, il secondo resta irremovibile sulle sue posizioni: «Possiamo inviare a bordo medicine, cibo e vestiti, ma basta ricatti. Meno partenze, meno morti. Io non cambio idea». Il retroscena è tutto da leggere.
Sulla politica migratoria «che ha permesso di ridurre in maniera considerevole gli sbarchi non vogliamo tornare indietro, non arretriamo, ma quando si parla di donne e bambini l'Italia deve dare un lezione a tutta l'Europa»: così aveva detto ieri il ministro pentastellato del Lavoro.
Ma in un'intervista al Fatto quotidiano, la portavoce della Ong, Giorgia Linardi, lo ha subito contraddetto: «La dichiarazione del vice premier Luigi Di Maio è stata prontamente smentita da Matteo Salvini. L'Italia resta in una posizione che, rispetto alle intenzioni, non è chiara. È un'opzione che non possiamo prendere sul serio».
Secondo quanto riportato da The Post internazionale, che ha sentito fonti diplomatiche maltesi, però, «la decisione di accogliere donne e bambini a bordo della Sea Watch in Italia non è frutto della generosità del governo italiano, ma anzi, deriva da un ricatto della Germania e dalle pressioni Ue». Ed è su questo punto che Di Maio si sarebbe approfittato della situazione, cercando di trarne un vantaggio in termini di consensi.
Ciò che ci sarebbe dietro si sintetizzerebbe nel fatto che la Germania avrebbe categoricamente posto la condizione che solo se anche il nostro Paese avesse accolto una quota di migranti avrebbe partecipato alla ripartizione. Sulla stessa linea la Commissione europea, che avrebbe fatto pressione sul premier Conte il quale, alla fine, avrebbe preso la decisione di far sbarcare 12 persone tra donne e bambini. A quel punto Di Maio avrebbe accettato di far venire la parte di migranti in Italia, per una ricollocazione volontaria, a patto che gli altri fossero scesi a Malta. Il tutto mentre la Commissione europea negoziava la ripartizione di tutte le persone salvate.
Il segretario del Movimento sovranità, Gianni Alemanno, si schiera dalla parte del ministro dell'Interno: «Non bisogna cedere ai ricatti morali, respingendo ogni ipotesi di scaricare solo sulle spalle dell'Italia il problema dell'accoglienza. Su questo Salvini ha perfettamente ragione e gli altri esponenti del governo devono rispettare la sua competenza specifica».
Intanto, l'Adnkronos rende noto il documento integrale che scagionò Salvini dall'accusa di sequestro di persona per le vicende della nave Diciotti. Nei prossimi giorni scadrà il termine per i giudici catanesi che, entro metà mese, dovranno decidere se procedere contro il vicepremier o andare verso l'archiviazione.
Dal provvedimento del Tribunale dei ministri si evince la critica nei confronti delle autorità maltesi ree di aver tenuto «un comportamento illecito e gravemente irresponsabile», mentre la nostra Guardia costiera operò con i dovuti crismi. Quanto alle accuse contro Salvini, per i giudici non esiste «una sua condotta materiale finalizzata a una privazione della libertà personale, commessa nell'esercizio di una funzione amministrativa».
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