I segnali di fumo inviati dal Centro studi di Confindustria circa una possibile inversione del ciclo macroeconomico tale da comportare un arretramento del Pil impongono una riflessione alla politica. Viale dell'Astronomia ha evidenziato il problema del caro-energia e del rialzo dei prezzi delle materie prime, ma il messaggio a Draghi & C. è un altro: il Pnrr da solo non determinerà una ripresa duratura se non si attuano riforme. Proviamo, perciò, ad analizzare sei priorità.
L'allarme sulle bollette fa rima con una decisione finora rinviata: la riforma fiscale. Il ddl delega, attualmente all'esame della commissione Finanze della Camera, dovrebbe arrivare in aula a fine mese. La questione, però, è un'altra: l'unica intesa politica è sulla riforma dell'Irpef (riduzione degli scaglioni da 5 a 4) già avviata con la legge di Bilancio. Sulla revisione degli estimi catastali il centrodestra cercherà (giustamente) di fare melina. L'obiettivo è comunque portarla a casa perché connessa al Pnrr. Non si entra, però, nel vivo delle imposte: il taglio dell'Irap è stato minimo (solo per professionisti e ditte individuali), su rimodulazione dell'Iva e delle accise che pesano sui carburanti non si è fatto nulla. Anche i discorsi sulla flat tax sono rimasti lettera morta così come l'intervento più deciso sul cuneo fiscale e contributivo sul lavoro. Tagliare le tasse significa intervenire su 531 miliardi di entrate tributarie (dato 2019, ultimo anno pre-pandemia) riducendo anche la spesa pubblica, difficile in un anno pre-elettorale. Idem per le pensioni: flessibilità sull'età di uscita in cambio di ricalcolo contributivo di una parte dei trattamento è un argomento del quale sindacati e sinistra non vogliono sentir parlare.
Anche la riforma della giustizia, tornata tra le priorità da affrontare, sta evolvendo in una direzione opposta a quella che era stata indicata dallo stesso ministro della Giustizia, Marta Cartabia. Se in ambito civile ci si è concentrati su rito unico per il processo del lavoro e sulla negoziazione per tagliare la durata delle cause, di processo penale ora si parla meno rispetto alla riforma della composizione de Csm. In realtà, anche in quel campo si prevede più digitalizzazione, potenziamento dell'ufficio del processo e investimenti in edilizia giudiziaria.
Un'altra sfida del 2022 è rivedere il Codice degli Appalti in modo da poter avere tempi certi e non vedere le opere realizzate perché bloccate dai ricorsi. Il ddl delega è in Parlamento da settembre e lì giace. Il dl Semplificazioni, dedicato al Pnrr, dovrebbe garantire più serenità ai decisori pubblici, ma ora si tratta di non far pendere la scure della giustizia (e del danno erariale) sulle stazioni appaltanti per accelerare anche dopo il 2026 quando il Recovery sarà esaurito.
Perché giustizia e appalti si muovono lentamente? Perché le riforme prevedono una minore invasività del legislatore tramite l'autoapplicabilità delle norme. L'esatto contrario di quanto sta accadendo con il Superbonus 110%, che ogni mese viene aggiornato da un decreto ad hoc creando confusione e paralizzando l'edilizia. Questo principio ispiratore, che di fatto limiterebbe il potere di interdizione della burocrazia e della politica sia in ambito giudiziario che amministrativo, spiega i ritardi su altre riforme che, sebbene interessate dal Pnrr, comunque stentano a decollare. Per quanto riguarda il mercato del lavoro, il potenziamento della formazione e del reskilling dei disoccupati (vista l'introduzione di un ammortizzatore unico e della Gol) imporrebbero un maggiore decentramento anche della contrattazione (invece si pensa al salario minimo).
Tagliare la burocrazia significa anche liberalizzare i servizi pubblici: il ddl Concorrenza parte da gestione rifiuti e concessioni idroelettriche e del gas. Il Senato ha talmente voglia di fare presto da aver calendarizzato 90 audizioni.
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