Selfie dal carcere, l'ultimo oltraggio del killer di Chiara

Il padre della vittima: "Ha postato foto in segno di vittoria e messaggi offensivi verso mia figlia"

Selfie dal carcere, l'ultimo oltraggio del killer di Chiara

Si scatta un selfie con un compagno di cella mentre fa il segno della vittoria. Ma il ragazzo che posta l'immagine su Instagram non è uno qualsiasi. È il killer di Chiara Gualzetti, la quindicenne massacrata di coltellate e gettata a calci in una scarpata a Monteveglio, Bologna, un anno fa da un 16enne. La foto, zeppa di frasi oltraggiose nei confronti della vittima, è stata scattata nel carcere minorile del Pratello di Bologna. E la Procura dei Minori apre un fascicolo per chiarire l'accaduto.

Com'è possibile che in una struttura di detenzione non ci sia controllo sui mezzi di comunicazione con l'esterno, in particolare tablet, utilizzati per i colloqui con i parenti, le lezioni e gli esami universitari? A denunciare la storia è il papà di Chiara, Vincenzo Gualzetti. «È sicuramente lui - spiega - mi sembra assurdo che si possano usare i social così da una struttura detentiva». Il ragazzo, reo confesso, agli inquirenti raccontò di esser posseduto dai demoni, come nella serie Netflix Lucifer. Tanto che per lui si era parlato di personalità dissociata, a dir poco squilibrata. Ma proprio la scorsa settimana la perizia psichiatrica disposta dal gup Anna Filocamo chiarisce ogni dubbio: il ragazzo, oggi 17enne, è perfettamente capace di intendere e di volere. Perizia che sarà esposta in aula questa mattina durante un'udienza del processo contro il baby killer accusato di omicidio premeditato aggravato. «I ragazzi in carcere non possono usare il telefono e pubblicare contenuti sui social liberamente - conclude Gualzetti - c'è qualcosa che non quadra. Ho sporto denuncia, ai carabinieri ho consegnato tutto il materiale che ho ricevuto e che è pubblico. Vorrei che venissero presi provvedimenti anche verso i commenti lesivi della dignità di mia figlia».

Chiara esce di casa domenica 27 giugno 2021 per incontrarsi con il suo assassino, un ragazzo di un anno più grande di lei del quale si era innamorata. Nemmeno mezz'ora dopo viene gettata in una scarpata ai piedi dell'Abbazia di Monteveglio, a due passi da casa. A prenderla a calci in faccia e a darle una serie di coltellate per finirla è un ragazzino che davanti al magistrato che lo interroga si dice «posseduto». «Mi infastidiva, perché si era invaghita di me» mette a verbale con la freddezza di un killer davanti ai carabinieri di Borgo Panigale e al pm Simone Purgato. Ma ancor prima della confessione a inchiodarlo sono le chat estrapolate dal suo telefono, nonostante il ragazzo avesse tentato di cancellarle. «Sentivo delle voci dentro. Voci che mi dicevano di fare cose sempre più cattive. Dicevano di uccidere Chiara» racconta ancora nel corso degli interrogatori.

Durante la convalida del fermo, davanti al gip aggiunge sempre con una freddezza impressionante: «Alcuni giorni prima volevo ucciderla, ma assieme a noi c'erano altri ragazzi e ho dovuto rinviare. La colpivo ma lei non moriva mai».

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