Sempre più italiani in crisi. Bollette, aiuti in arrivo

Presto nuova una tantum e moratoria sui debiti. Il nodo delle liberalizzazioni fallite firmate Pd

Sempre più italiani in crisi. Bollette, aiuti in arrivo

Il governo non c'è ma la maggioranza ha già allo studio una moratoria di sei mesi per le bollette non pagate, un nuovo una tantum da 150 euro agli Isee sopra i 12mila euro, il credito di imposta sulle bollette e la proroga degli sconti sulle accise del carburante, in scadenza il 23 novembre. I soldi arriverebbero dalla Ue e dal tesoretto da 10 miliardi di deficit risparmiato, eredità di Mario Draghi certificata dalla Nadef. Ne bastano cinque? Forse ne serviranno di più. La situazione è drammatica. Alcune società hanno deciso di staccare la fornitura per il sospetto di una possibile morosità, come hanno denunciato diverse piccole e medie aziende, finite senza volerlo nel Fornitore di ultima istanza, pagato dalla fiscalità generale. Altre sono state costrette a sottoscrivere una garanzia, sotto forma di fideiussione o di somme congelate in banca, in sfregio alle misure del governo e dell'avvertimento di Arera.

Colpa della guerra, certo. Ma gli errori arrivano dal passato. Prima del famigerato decreto 79 del 1999 firmato da Pierluigi Bersani e di Enrico Letta nel 2000 sul gas, l'Enel gestiva l'intera filiera dell'elettricità e le municipalizzate avevano in mano le reti cittadine. La liberalizzazione del mercato firmata Pd ha prodotto un sistema ibrido pubblico-privato, con una miriade di soggetti che potevano produrre, vendere e comprare energia. Troppo piccoli per reggere sul mercato ma sufficienti a spingere l'Italia, che produceva circa 18 miliardi di metri cubi di gas, a crollare sotto i quattro. «Già prima della guerra si capiva che si sarebbero salvati solo i grandi player - dice al Giornale Massimo Nicolazzi, professore di Economia delle Fonti Energetiche all'Università di Torino - in un mercato così o hai i mezzi per coprirti o il rischio che ti prendi è tale che sei certo di saltare». Vantaggi per i consumatori? I prezzi sono aumentati anziché calare. «La variabile energia è una variabile politica, non una merce come tutte le altre», ha recentemente ricordato l'economista Alberto Clò. Lo smantellamento all'italiana di Enel ha creato Terna (che trasporta da monopolista), il Gse, Gme eccetera, lasciando però il colosso in sostanziale monopolio fino al 2030 su distribuzione e misura con E-distribuzione. Il tutto con la coesistenza di due mercati mai veramente in concorrenza: uno libero dipendente da produttori monopolisti come Gazprom e uno «tutelato» per sette milioni di utenti gas e quasi undici per la luce, in regime di monopolio, a prezzi fissati dall'Arera, anche più alti del mercato libero, obbligatorio da gennaio 2023. Nel settore elettrico Enel ha il 50% del mercato libero, con Edison ed Eni si sale a oltre il 70 per cento. Le municipalizzate si sono «dimenticate» il proprio territorio per competere sul mercato. Non è un caso se i distacchi siano arrivati da multiutility rosse come Hera in Emilia-Romagna, Acea nel Lazio e A2A in Lombardia, i cui vertici sono da sempre legati a Pd o a Matteo Renzi, ma anche da colossi come Eni o Enel, che ha investito pesantemente sulle rinnovabili. «La buona politica sia attenta agli interessi negativi che cercano di entrare nel capitale delle società pubbliche come A2A, con obiettivo la speculazione», ribadisce Enrico Marcora, consigliere Fdi a Milano. Il tema si intreccia con il puzzle degli incentivi tramite i cosiddetti certificati verdi, soprattutto tra il 2009 e il 2014, ha creato una speculazione in bolletta. Per anni abbiamo pagato più per gli incentivi che per la materia prima, «trasformando un'attività industriale in un'attività finanziaria», dice un esperto di trading. «In Calabria produciamo il 42% di energia da rinnovabili, la Lombardia solo il 13%», per il governatore calabrese Roberto Occhiuto sarebbe giusto «che i cittadini e le nostre imprese ne abbiano vantaggio».

Il surplus di offerta legato alle rinnovabili e l'aumento del gas, offerto a breve termine, hanno scardinato il sistema dei contratti a lungo termine a prezzi «garantiti». «L'illusione del costo effettivo lascia il posto a options e futures», dice al Giornale il capogruppo leghista al Comune di Milano Alessandro Verri, che assieme a Fdi chiede un incontro a tre con Brescia e A2A perché l'ex municipalizzata concentri i suoi sforzi per alleggerire le bollette nel territorio che l'ha vista nascere e crescere. In un anno il prezzo del gas è cresciuto del 900%: a ottobre 2021 Il Giornale già prefigurava un possibile lockdown energetico. Colpa anche della poca liquidità del meccanismo alla base del famigerato indice Ttf (Title transfer facility), il mercato olandese dove bastano pochi contratti a far oscillare il prezzo. Con l'Ucraina la volatilità è diventata incontrollata e potenzialmente speculativa. «L'idea di affidarsi al Ttf nasce dopo che i contratti a lungo termine take or pay erano divenuti troppo onerosi.

Vogliono abolirlo dopo che le speculazioni hanno arricchito la Russia», lamenta Edoardo Beltrame sul blog, riprendendo frasi dell'ex ad Eni Paolo Scaroni del 2012.

Bersani ha chiesto di rimuovere la foto dal Mise ma non c'entra l'accostamento a Benito Mussolini. Non vuole mettere la faccia sul fallimento targato Pd firmato anche da Letta. Liberalizzare (male) è di sinistra.

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