Il processo educativo si sviluppa fondamentalmente in famiglia, a scuola oppure attraverso l'influenza dei coetanei e delle mode dell'epoca o dei mass media (Internet compreso). In Italia meno del 50% degli Italiani giudica molto importante rispettare le regole, mentre per il 22% il rispetto delle regole è considerato per nulla importante (rispetto al 7% di chi sta peggio degli altri Paesi con cui ci confrontiamo). È poco diffuso un reale senso del Paese e prevale uno spiccato individualismo. È diffusa la tendenza a dare un'eccessiva importanza alla fortuna, all'astrologia (o simili), anziché a far leva sul proprio impegno e sui propri meriti.
Sono circa 13 milioni gli Italiani che si affidano a maghi e cartomanti per un volume di affari stimato in 8 miliardi di euro in nero. E la dimensione è sempre in aumento. Vi è, di fatto, un assurdo «disprezzo» per molti mestieri. Si usa, spesso, minacciare i figli di mandarli in fabbrica a fare l'operaio, se non assicurano adeguati rendimenti nello studio. Come se fare l'operaio fosse una punizione. Ci si vergogna di fare il cameriere o lavori domestici mentre, in Paesi certamente non meno progrediti del nostro, la gioventù di qualsiasi ceto cerca anche in tali occupazioni utilissime esperienze di vita e di lavoro.
È diffusa una concezione riduttiva del lavoro, inteso spesso come un pesante dovere, talora come una punizione, anziché come una forma di autorealizzazione.
É difficile negare che ci si trovi in una situazione di vera «emergenza educativa». L'esplicitazione di un'identità e di un comun denominatore di valori, la loro tutela, la creazione di quella forza morale che è presupposto di ogni Società Civile devono essere una priorità assoluta. Gli amministratori che si alternano nelle pubbliche istituzioni devono assicurare il buon esempio, un buon esempio che si deve sostanziare non solo nella coerenza con tali princìpi ma anche nel promuoverli in modo continuo, efficace e credibile.
Senza una scala di valori comune non esiste moralmente una nazione, né una coscienza nazionale degna di tal nome. La scienza e la tecnologia, come tali, non possono produrre un'etica.
Senza un ancoraggio concreto ad una scala di valori condivisa si genera il rischio di crescere una generazione di giovani orfani, senza padri e senza maestri, costretti a camminare su sabbie mobili, senza personalità, annoiati ed a volte violenti, comunque in balia delle mode. Solo una buona educazione può consentire di riconoscere le vere priorità, la loro gerarchia e di rispettarla.
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