"Serve una de-escalation". I timori di Meloni sulla crisi

Vertice a Palazzo Chigi: condanna per l'attacco iraniano. Telefonata con il premier libanese Mikati. Apprensione per i 1.200 militari italiani

"Serve una de-escalation". I timori di Meloni sulla crisi
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L'auspicio è quello di una rapida de-escalation. Ma la risposta dell'Iran all'incursione di terra in Libano voluta da Tel Aviv non lascia per il momento aperti grandi spiragli. Anzi, lo scenario va complicandosi ulteriormente, tanto che a sera - dopo l'attacco missilistico di Teheran - la premier Giorgia Meloni decide di convocare un vertice urgente a Palazzo Chigi con il ministro degli Esteri Antonio Tajani, quello della Difesa Guido Crosetto, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano e i vertici dei servizi di intelligence. Una riunione di oltre mezz'ora, cui segue una nota in cui il governo italiano «condanna l'attacco iraniano a Israele», esprime «profonda preoccupazione per gli sviluppi in corso» e «lancia un appello alla responsabilità di tutti gli attori regionali chiedendo di evitare ulteriori escalation». L'Italia, insomma, continuerà a impegnarsi per una soluzione diplomatica e per la «stabilizzazione del confine israelo-libanese attraverso la piena applicazione della risoluzione 1701». Ed è in questo quadro che il governo italiano invita le Nazioni Unite a «considerare un rafforzamento del mandato della missione Unifil».

Ieri, poi, la presidente del Consiglio ha avuto un colloquio telefonico con il primo ministro del Libano, Najib Mikati. Per «rinnovare la vicinanza dell'Italia» a Beirut. Ma anche con lo sguardo alle forze di pace dell'Onu che sono sul campo, tra cui circa 1.200 soldati italiani che partecipano alla missione Unifil. La premier ha «ricordato il ruolo cruciale dei militari italiani presenti nel sud del Libano, sottolineando l'importanza della loro sicurezza». E il ministro Crosetto ha fatto sapere di essere in contatto costante con il comandante della missione Unifil, con lo Stato Maggiore e con il Comando interforze. «Lavoriamo insieme per garantire la sicurezza dei nostri militari che è una delle nostre priorità», aggiunge il titolare della Difesa. Ed è per questa ragione che il nostro contingente ieri è stato per diverse ore nei bunker, visto che trattandosi di una missione di pace non sono forniti di un equipaggiamento che gli permette di essere operativi in teatri di guerra (cosa che la risoluzione Onu peraltro non prevede).

L'obiettivo prioritario delle diplomazie occidentali resta ovviamente quello di favorire una tregua. Nel corso della telefonata con Mikati, Meloni ha «ribadito l'impegno italiano per un cessate il fuoco e una soluzione diplomatica». Il primo ministro libanese, riferisce il quotidiano di Beirut L'Orient le Jour, ha «espresso gratitudine» a Italia, Qatar e Giordania «per i loro sforzi volti a porre fine all'aggressione israeliana contro il Libano», sottolineando l'azione diplomatica dell'Italia. Un impegno, fanno sapere da Palazzo Chigi, «su cui continueremo a lavorare anche in qualità di presidente di turno del G7» nella speranza di arrivare a una «de-escalation a livello regionale».

Concetto su cui insiste anche Crosetto, che proprio oggi sarà ascoltato insieme a Tajani dalle commissioni congiunte di Difesa e Esteri di Camera e Sento per riferire su quanto sta accadendo in Libano.

Sul fronte interno, invece, Palazzo Chigi sta attenzionando anche eventuali rischi legati agli ambienti a rischio estremismo e eventuali cellule dormienti. «Abbiamo adottato tutte le misure necessarie», spiega Tajani.

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