Fosse stato per lui Vladimir Putin non avrebbe convocato il Consiglio di Sicurezza a sole quarantottore dell'attentato al ponte di Kerch. Il presidente, lo sanno tutti, odia decidere sotto la pressione degli eventi e preferisce riflettere in solitudine prima di comunicare i suoi piani. Ma stavolta non poteva aspettare.
Colpendo il ponte di Kerch, un'infrastruttura simbolo dell'annessione della Crimea inaugurata dallo stesso Putin nel 2018, Kiev ha letteralmente calpestato quella che i suoi apparati di Sicurezza e Difesa consideravano un'invalicabile linea rossa. Una linea rossa che il capo del Cremlino ha il dovere di ristabilire per non veder compromessa la propria autorità.
Anche perché lo schiaffo di Kerch arriva a dieci giorni dal sabotaggio delle condutture dei gasdotti Nord Stream, un attacco che tutti qui in Russia attribuiscono alla Nato. Il primo obiettivo della riunione del Consiglio di Sicurezza della Federazione Russa, l'organo costituzionale chiamato a ratificare strategie militari e di sicurezza, sarà dunque l'esame delle operazioni progettate per reagire alla sfida di Kiev e della Nato.
Per questo verranno valutate operazioni di larga portata capaci di colpire i vertici decisionali e le strutture strategiche di Kiev, ristabilendo la compromessa capacità di deterrenza di Mosca. Ma si esamineranno anche i tempi dettati da Putin per la controffensiva nel Donbass. Per rispondere alla Nato potrebbe venir messo in cantiere, invece, un attacco ibrido capace, come nel caso dei gasdotti, di tener celata la mano del mandante.
Ma questi due obiettivi, già non semplici, devono venir realizzati nel contesto dei molteplici problemi sul fronte interno. La mobilitazione di 300mila uomini, indispensabile per la controffensiva nel Donbass, ha evidenziato le carenze di una Difesa incapace di reagire a un'emergenza militare. E anche questo rappresenta uno smacco per Putin. Nel 2012, quattro anni dopo l'opaca prova offerta in Georgia, il presidente affidò al ministro della Difesa Sergei Shoigu il compito di trasformare l'obsoleta macchina militare sovietica in un'armata capace di misurarsi con gli eserciti occidentali. Un obiettivo che resta assai lontano, proprio mentre le Forze Armate e i loro capi hanno bisogno di riconquistare la credibilità necessaria per lanciare un'efficace controffensiva. Questa operazione di ricomposizione della credibilità interna fa i conti con uno scenario politico in rapida evoluzione, che minaccia di sbilanciare il potere del Cremlino.
Sul fronte interno le controffensive ucraine hanno regalato credito a personaggi capaci di alterare i tradizionali equilibri e innescare la reazione degli apparati e dei capi-struttura garanti dell'indiscussa autorità del Cremlino. Destano preoccupazione soprattutto le rapide ascese del leader ceceno Ramzan Kadyrov e di Yevgeny Prigozhin, fondatore e boss dei mercenari della Wagner. I successi ottenuti dalla compagnia di ventura, l'unica formazione militare a vantare qualche successo sul campo a fronte della batoste subite nell'ultimo mese dalle forze convenzionali, hanno trasformato il demiurgo della Wagner in un celebrato «signore della guerra». Il tutto mentre giornalisti, e persino politici, moltiplicano, invece, le critiche al capo di stato maggiore Valery Gerasimov e al ministro Shoigu. E lo stesso dicasi per Kadyrov, celebrato come l'uomo della provvidenza capace di mettere a disposizione del Cremlino 85mila ceceni in armi mentre gran parte delle Repubbliche russe stenta a organizzare la mobilitazione.
Di tutto questo Vladimir Putin dovrà tener conto riunendo un Consiglio di Sicurezza affidato alla regia di Nikolai Patrushev. Il Segretario del Consiglio, è l'unico vero confidente del presidente in virtù dei rapporti intessuti fin dalla fine degli anni '70 quando i due lavoravano nella sede del Kgb di Leningrado. Ma è anche considerato un suo possibile successore.
Attraverso l'indispensabile mediazione di Patrushev, con cui ha sicuramente concordato le principali decisioni, Putin comunicherà ai capi della Difesa e dei servizi sicurezza i principali obbiettivi da colpire in Ucraina a brevissimo termine, i tempi in cui realizzare la conquista dei territori del Donetsk e le possibili ipotesi di una successiva trattativa con Washington.Il tutto badando bene a evitare un'escalation che permetta l'entrata in gioco di un'Alleanza Atlantica considerata, viste le attuali difficoltà, un nemico fuori dalla portata russa.
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