Sgominata banda di scafisti: in manette dieci egiziani

I criminali organizzavano il viaggio e i migranti sborsavano anche 6mila euro a testa

Sgominata banda di scafisti: in manette dieci egiziani
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Gli investigatori della seconda sezione della squadra mobile di Milano, che si occupano di criminalità straniera, li descrivono come una «joint venture». O comunque come una mega agenzia di viaggi che sfrutta ogni genere di contatto nei paesi stranieri interessati alla loro attività di «esportatori» di esseri umani. Una narrazione efficace per comprendere i movimenti e le sfaccettature della banda di dieci egiziani sottoposti a fermo giudiziario dalla Dda di Milano con l'accusa di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e all'esercizio abusivo dell'attività creditizia. In breve veri e propri collettori di richieste di migranti africani interessati perlopiù a venire in Italia, ma anche a raggiungere la Grecia sborsando cifre che, secondo il listino prezzi, superavano spesso i 6mila euro a testa.

«L'organizzazione - spiega il dirigente della Mobile Alfonso Iadevaia - smistava i migranti a due gruppi di trafficanti: quelli che dall'Egitto li spostavano in Libia e, da lì in poi, ad altri complici che, dopo mesi trascorsi in safe house (le case dove i migranti dimorano in attesa della partenza, ndr) si occupavano del viaggio verso l'Europa, partendo appunto dalle coste libiche per poi attraversare il Mediterraneo fino alla meta agognata».

Durante le pause africane del viaggio l'organizzazione era strutturata per ogni esigenza. Quindi c'era chi trovava i beni necessari per gestire i migranti proprio durante la permanenza in Libia, chi individuava le imbarcazioni per il viaggio della speranza e chi provvedeva alla raccolta del denaro. E proprio a proposito di soldi nell'ultimo periodo la tendenza era quella di proporre ai migranti il visto di lavoro, tant'è vero che in alcuni casi, trattandosi di minorenni, il «pacchetto» visto più contratto di lavoro (naturalmente fittizio) faceva salire la tariffa fino a 10mila euro.

Le indagini della Mobile milanese e dello Sco, in collaborazione con Europol, hanno preso il via nel luglio 2023 e hanno portato a galla la presenza di questo gruppo milanese inserito in una rete criminale internazionale molto più grande che però contava enormemente sugli appoggi di connazionali residenti sotto la Madonnina e in particolare in quella rete di strade che circondano la ben nota area di via Padova. Lì, un «nucleo familiare specializzato nel trasferimento e nella gestione dei guadagni» movimentati a seconda delle necessità dell'organizzazione, utilizzava il classico metodo havala, cioè lo scambio di contanti basato su accordi informali tra privati, che ricevono poi una percentuale per il servizio.

Questi viaggi illegali per migranti, dalle coste nordafricane a quelle italiane, venivano promossi attraverso gruppi e profili social in una sorta di marketing «fai da te».

In realtà specchietti per le allodole, con filmati che immortalano imbarcazioni veloci, all'apparenza sicurissime e linde, popolate di ragazzi sorridenti e felici come se fossero in partenza per le vacanze, con addosso giubbotti salvagenti, seduti ordinatamente uno accanto all'altro a godere della brezza marina, mentre indossano costumi e magliette casual all'ultima moda e cantano in arabo. Una sorta di catalogo patinato, che si sarebbe però rivelato molto diverso dalla realtà.

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