La sicurezza torni al centro della politica

L'immigrazione, quella selvaggia, sembra un problema cristallizzato nell'immaginario di Salvini, invece sta riscrivendo la geografia della criminalità delle nostre città.

La sicurezza torni al centro della politica

Il covid e la guerra hanno cambiato in modo profondo la gerarchia delle nostre paure. La decennale e sonnolenta pace conquistata dopo la seconda guerra mondiale, è già nostalgia. La vita vale di meno, tra l'incubo nucleare globale e un piccolissimo organismo che si incunea nel nostro corpo fino a distruggerlo. E dunque vale di più. Il lavoro manca è vero ma in tanti, specie giovani, vogliono lavorare meno e meglio. Anche la grammatica politica è cambiata. Nel dominio dei macrotemi come vaccini, energia, economia, i temi quotidiani della sicurezza, dell'immigrazione clandestina, della violenza sociale sono passati in secondo piano. La cronaca invece già da tempo ci segnala come un enorme sintomo inascoltato il progressivo degrado delle nostre città. L'ultimo episodio, lo stupro di Napoli, si presta a diventare simbolo perché la vittima è una poliziotta, una rappresentante delle forze dell'ordine che ci devono difendere e che non è riuscita a difendere se stessa. Colpita alle spalle con una pietra da un bengalese pluripregiudicato. Colpita nell'esercizio della sua vita, andare a prendere la macchina nel parcheggio della polizia alla fine del turno serale. Nella drammaturgia dell'orrore c'è tutto, l'arroganza del gesto, l'estrema violenza, l'idea di essere impuniti, nessun rimpatrio. L'immigrazione, quella selvaggia, sembra un problema cristallizzato nell'immaginario di Salvini, invece sta riscrivendo la geografia della criminalità delle nostre città, con Milano in testa alle prese con lo strapotere delle baby gang, mix di emarginazione, disagio giovanile, integrazione culturale mancata. La sensazione è che la visione dei sindaci di sinistra ricalchi la visione ideologica tollerante irrealistica della sinistra nazionale, fino alla non gestione della Lamorgese durante il cosiddetto governo tecnico. Ora che siamo a un passo da un governo politico, eletto dopo quattordici anni dagli italiani, è necessario che chi gestirà la res pubblica getti di nuovo lo sguardo su questo non riuscito mix terzomondista e fintamente buonista.

Non c'è nessuno spirito reazionario nel pretendere che chi non si integra nel nostro tessuto sociale, o delinque, venga rispedito nel suo paese o quantomeno venga adeguatamente punito. Non vorremo mica chiuderci in casa barricati nella più cupa paranoia di una serie distopica? Nella mia cara democrazia voglio poter uscire a mezzanotte senza finire nel peggiore Far West. È troppo, o troppo poco?

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