Dire che sulla vicenda vaccini ci sia confusione è dire poco. Le notizie si rincorrono, vengono smentite e lasciano spazio a dubbi che in questa fase proprio non vorremmo avere. E così, tra documenti mai resi pubblici e una trasparenza che lascia un po' a desiderare, vien fuori che il siero Astrazeneca, già meno performante rispetto a quelli di Pfizer e Moderna, potrebbe davvero non essere efficace sugli over 65. L'azienda smentisce quanto dato per vero dalla stampa tedesca ma il quesito rimane finché Ema non si pronuncerà. Si spera nelle prossime ore. «La data più certa per l'autorizzazione ad Astrazeneca è venerdì 29 - spiega Marco Cavaleri, responsabile Vaccini dell'agenzia del farmaco europea -. L'azienda ci sta inviando gli ultimi dati sul vaccino anti-Covid sviluppato da Oxford e Irbm di Pomezia».
A quanto pare l'ok verrà dato per l'utilizzo su tutta la popolazione, e non solo per gli under 55 come ipotizzato più volte, senza distinzioni di età. «Saranno poi le singole autorità sanitarie degli Stati, se lo riterranno opportuno, a decidere per quali fasce di popolazione utilizzare quel vaccino» precisa Cavalieri. Che aggiunge: «Sebbene i dati sugli anziani non siano abbastanza, si ritiene che comunque anche per loro ci sia un buon rapporto rischi-benefici». Restano poco convinti parecchi infettivologi italiani, che guardano con sospetto quella percentuale di efficacia che non si spinge oltre il 70% (contro il 95% delle aziende americane). Il rischio non sarebbe tanto legato alla sicurezza, che ha passato l'esame, ma la reale copertura. E se non garantiamo quella, sarà dura raggiungere l'immunità di gregge.
Altra notizia che fa traballare il piano vaccini: la formula di Moderna non va somministrata alle donne incinte. A frenare è il gruppo strategico di esperti dell'Oms che raccomanda «niente vaccino a meno che i benefici dell'immunizzazione non superino i potenziali rischi, come per le operatrici sanitarie, più esposte al virus, o per le future mamme con altre patologie che le mettono in particolare pericolo di forme gravi di Covid».
Buone speranze arrivino invece dalla multinazionale Johnson & Johnson, pronta a presentare i risultati della fase tre della sperimentazione già la prossima settimana. L'esperienza ci ha insegnato a prendere con le pinze gli annunci delle case farmaceutiche ma, a sentire l'ad Alex Gorsky, sembra fatta: «Pensiamo di avere un robusto set di dati sul nostro candidato vaccino e non vedo l'ora di condividere i risultati della sperimentazione, già la prossima settimana». Se così fosse, a febbraio potrebbe arrivare l'autorizzazione della Fda statunitense e il vantaggio sarebbe che per essere efficace il vaccino ha bisogno di una sola dose.
Avere una varietà ampia di vaccini è fondamentale sia per coprire quante più somministrazioni possibili, sia per rispondere alle esigenze delle varie fasce di popolazione, soprattutto in base all'età. E su questo fronte Emer Cook, direttrice dell'Ema, rende noto che si stanno valutando altri 15 candidati vaccino compreso lo Sputnik russo.
Più antidoti servono anche per giocare d'anticipo sulle nuove varianti del virus in circolazione. A cominciare da quella brasiliana.
Dopo il paziente sbarcato a Malpensa e ricoverato a Varese, ieri un nuovo caso è stato identificato in Abruzzo. L'Istituto zooprofilattico dell'Aquila ha evidenziato tre casi. Si tratta di una famiglia di Poggio Picenze di ritorno dal Brasile. Un caso tempestivamente individuato e isolato. La famiglia, dopo la quarantena, verrà sottoposta al vaccino.
A quanto pare il Brasile sta esportando la versione più rapida e temuta dell'infezione un po' ovunque.
Stati Uniti compresi. Il dipartimento della Sanità del Minnesota ha reso noto di aver identificato un caso in un residente rientrato di recente da un viaggio in Brasile. La variante è stata sequenziata in un tampone fatto il 9 gennaio.
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