Tutti uniti, sinistra, sindacati e grillini, contro Alan Fabbri, sindaco leghista di Ferrara. Motivo: aver osato inserire anche i cittadini italiani tra i beneficiari degli aiuti economici distribuiti dal Comune. Nel M5s chiedono addirittura al ministro dell'Interno di «rimuovere» il primo cittadino di Ferrara per aver violato il principio di «uguaglianza dei cittadini», mentre Cgil, Cisl e Uil Ferrara invocano l'intervento punitivo del prefetto. Tutto a causa dei criteri stabiliti dal comune emiliano per assegnare i 697.283 euro ricevuti dal governo sotto forma di buoni spesa per chi è in difficoltà in seguito all'emergenza sanitaria. I requisiti richiesti dal Comune guidato dal leghista Fabbri per ottenere gli aiuti prevedono infatti «la cittadinanza italiana o la cittadinanza di uno Stato appartenente all'Unione Europea», o in alternativa anche «la cittadinanza di uno Stato non appartenente all'Unione Europea con permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo». Insomma, per ricevere i buoni spesa a Ferrara basta essere cittadini italiani, cittadini europei ma anche extracomunitari con però un permesso di soggiorno che dimostri un radicamento stabile nel nostro paese. Esclusi dunque gli irregolari, gli immigrati già assistiti in quanto richiedenti asilo e quelli arrivati in Italia da poco tempo. Nulla di xenofobo quindi, eppure è bastata la presenza del requisito della cittadinanza italiana per scatenare l'indignazione antirazzista. Dalla sinistra in Regione Emilia Romagna («Classificare le persone in base al Paese di origine è politicamente ed eticamente inaccettabile») ai grillini che accusano Fabbri di voler lasciar «morire di fame i bambini stranieri». In realtà il sindaco (che ha anche acquistato 150mila mascherine da distribuire ai ferraresi) ha voluto individuare dei parametri precisi in modo che gli aiuti non vadano a chi già gode di sussidi ma alle categorie effettivamente colpite dagli effetti economici del Covid19. Cioè appunto «chi si trova in difficoltà per aver perso il lavoro senza poter godere di ammortizzatori sociali» e poi «i nuclei familiari che si trovano momentaneamente in particolari condizioni di disagio economico per sospensione della loro attività professionale o imprenditoriale a causa dell'emergenza COVID-19». Che abbiano passaporto italiano, europeo o anche extracomunitario purché in regola.
«Chi ci accusa di aver escluso gli immigrati dalla possibilità di ottenere i buoni pasto vuole solo strumentalizzare», spiega Fabbri, aggiungendo che indicare delle priorità «è necessario per evitare che i contributi pensati dal governo come aiuti dedicati a chi è stato danneggiato economicamente dall'emergenza sanitaria vadano sempre alle stesse persone già assistite dai servizi sociali».
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