Comunque vada sarà un disastro. Lo stato dei bilanci della maggior parte dei grandi comuni italiani mette in una prospettiva completamente diversa il voto di domenica. Chiunque vinca i ballottaggi sulla scorta di promesse e speranze fatte balenare in campagna elettorale avrà a disposizione solo briciole per realizzarle. Tre giorni fa l'ufficio studi di Unimpresa ha fotografato un calo del debito degli enti locali pari al 14% negli ultimi due anni, a fronte di una crescita del 5% nelle amministrazioni centrali. Gestioni sobrie? Macché. La verità è che lo Stato ha usato le proprie leve per imporre agli enti locali vincoli di spesa che per anni hanno spinto i Comuni a limitare gli investimenti, cioè la spesa (teoricamente) più produttiva. Secondo l'analisi dei bilanci di Openpolis, dal 2005 al 2014 la propensione agli investimenti è calata a Milano del 91 per cento, a Roma del 59, a Torino dell'81, a Napoli del 20. Ora le scelte di spesa sono state rese un po' più flessibili, ma sempre all'interno di severi vincoli di stabilità e a fronte di un continuo taglio dei trasferimenti statali: meno 16 per cento dal 2005 al 2014, compensati da una pressione fiscale locale aumentata del 37 per cento. In particolare sulla casa: più 71 per cento.
Milano è l'unica città che, pur avendo un consistente debito pro capite, è riuscita a mantenere un certo grado di autonomia dallo Stato. Investe tre-quattro volte più degli altri, ha un introito di oltre 100 euro pro capite dalle partecipate, riscuote i tributi in modo abbastanza efficace. Per capirsi, Milano incassa 690 euro per abitante, Napoli solo 91. Nella città amministrata da Luigi De Magistris, che è dovuto ricorrere a manovre da pre dissesto finanziario per evitare il crac (finanziamenti trentennali dalla Cassa depositi e prestiti), pagare tasse e multe è un optional, tanto che il candidato del centro destra, Gianni Lettieri, ieri ha proposto una sanatoria sui crediti ormai palesemente inesigibili. Roma non è da meno: se non fosse intervenuto il governo nel 2008 a creare una gestione commissariale levando il debito dal bilancio del Comune (oggi pari a ben 13,7 miliardi di euro) il Comune sarebbe stato costretto al fallimento. Tra l'altro, l'escamotage del commissariamento ha consentito a chi ha governato negli ultimi anni di produrre ancora disavanzo, circa 1,2 miliardi negli ultimi quattro anni. Ma se il M5S arriverà a governare la città, come pare probabile, avrà le casse vuote e zero margini per alzare i tributi locali, che sono già i più alti d'Italia. Auguri. A Torino va poco meglio: è la città con il debito pro capite più alto d'Italia. Si parla di oltre 3.
300 euro pro capite, contando pure i neonati. La legge impone ai sindaci appena insediati di presentare una relazione sullo stato delle finanze e sul piano delle spese. Dopo le illusioni elettorali, il bagno di realtà sarà una doccia fredda.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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