C'è il giudice?
«No, non c'è».
Non viene?
«No, ha lavorato ieri».
Via Marina è una delle vie più verdi e silenziose di Milano, affogata tra i platani della Villa Reale. Una palazzina tutta ori e stucchi ospita la sede lombarda della Corte dei conti, la giustizia contabile che ora è diventata la nuova icona della sinistra anti-governativa. Tutto merito delle critiche scaraventate dalla Corte sulla gestione dei miliari del Pnrr. Ma i silenzi soffusi di via Marina, le sue stanze deserte, l'assenza apparente di qualsivoglia attività rendono arduo identificare questa come la nuova trincea del «resistere, resistere, resistere».
Dati e storie, d'altronde, finiscono con il confermare la prima e superficiale impressione. Sia gli uni che le altre rafforzano il sospetto che la Corte dei conti, chiamata per legge a vigilare sulla correttezza della spesa pubblica, avrebbe a sua volta bisogno di essere vigilata. Invece come la Corte dei conti impieghi i soldi destinati al proprio funzionamento lo controlla la Corte stessa. Si vigila da sola, insomma.
Il risultato è che la Corte, complessivamente intesa, costa allo Stato molto più di quello che recupera. Il dato emerge in modo desolante dalle statistiche ufficiali. Il sito della Corte (fermo, e anche questo è un bel segnale, al dato del 2009: quattordici anni fa) parla di 494 magistrati in servizio. I magistrati guadagnano circa duecentomila euro lordi all'anno, che fanno quasi 99 milioni di euro, contributi esclusi, di costo per l'amministrazione. Ebbene nel 2022 la Corte ha recuperato a favore degli enti pubblici poco più di 95 milioni. Saremmo in una situazione di sostanziale pareggio, se non ci fossero da pagare anche gli impiegati, gli uscieri, i funzionari, gli autisti, i cancellieri. Un esercito: 2.487, sempre secondo il dato del 2009. Gli stipendi non sono noti. Ma se si ipotizzano 30mila euro lordi a testa, il totale fa oltre 74 milioni. Ogni anno, la Corte dei conti costa allo Stato ottanta milioni più di quello che raccoglie.
Sulla effettività della raccolta, peraltro, ci sono impressioni differenti: non sempre le cifre che appaiono nelle statistiche corrispondono a soldi contanti. Ne sa qualcosa la Regione Lombardia, che alla fine dello scandalo dell'autostrada Serravalle doveva ricevere un risarcimento di quattro milioni. Alla fine ne incassò uno, e solo perchè era intervenuta una assicurazione, altrimenti non avrebbe visto neanche quello. Per cercare di trasformare in denaro contante le sentenze di carta, la Corte ricorre ai saldi: chi viene accusato di avere sprecato i soldi pubblici può patteggiare prima ancora del processo e cavarsela pagando il 20 per cento. Un affarone.
Alla Corte si lavora senza farsi prendere dalla frenesia. D'altronde il giudizio contabile non si prescrive praticamente mai, così le sentenze arrivano quando i presunti colpevoli sono in pensione o morti. Nei giorni scorsi a Roma è stato discusso in appello (la Corte dei conti è l'unica giustizia italiana che i processi d'appello li celebra tutti a Roma, forse in nome dell'efficienza) è stato discusso un fascicolo che riguarda spese del 2012: undici anni fa. In Campania, dove i magistrati nel corso dell'ultimo anno hanno definito ben 93 fascicoli, un paio alla settimana, il procuratore Braghò ha inserito tra i successi l'invito a dedurre (che è solo l'inizio del processo, poi passeranno altri anni e decenni) a carico di un funzionario della Basilicata per spese del 2010: dodici anni fa.
L'importante, si dirà, è che prima o poi il politico e il sindaco sprecone si vedano presentare il conto. Però c'è una categoria di pubblici amministratori ai quali la Corte il conto non lo manda nè prima nè poi: i colleghi della giustizia ordinaria. Basti pensare a quanto accaduto a Milano, dove sono state sperperate decine di milioni per costruire un aula bunker del tribunale, i lavori sono in corso da vent'anni e non sono ancora finiti; la Corte ha ricevuto un esposto nel 2015, sono passati otto anni e non se ne è più saputo niente.
Altro spreco delle toghe: decine di megaschermi piazzati in tribunale coi fondi Expo e rimasti inutilizzati, nel 2014 alla Corte arriva un esposto. Dieci anni dopo il blog giustiziami.it chiede che fine abbia fatto: lo hanno archiviato, ma si rifiutano di dire perchè.
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