No allo smart working dall'estero per i dipendenti pubblici, a meno che la sede operativa sia fuori dai confini italiani. È quanto prevede la nuova proposta dell'Aran (l'Agenzia per la contrattazione nel pubblico impiego) sul lavoro agile nelle Funzioni centrali (ministeri, agenzie fiscali, enti pubblici non economici) che dovrebbe fare da apripista per lo smart working in tutta la Pa.
Il lavoro agile potrà essere utilizzato solo «per processi e attività di lavoro, previamente individuati dalle amministrazioni, per i quali sussistano i necessari requisiti organizzativi e tecnologici per operare con tale modalità», si legge nella bozza che sottolinea come questa modalità sia finalizzata «a conseguire il miglioramento dei servizi pubblici e l'innovazione organizzativa garantendo, al contempo, l'equilibrio tra vita professionale e vita lavorativa». Previsto, inoltre, un accordo scritto tra amministrazione pubblica e dipendente nel quale saranno specificate la modalità di svolgimento del lavoro fuori dall'ufficio, la durata dell'accordo, l'indicazione delle giornate da svolgere nella sede abituale e quelle da svolgere a distanza insieme alle fasce di occupazione. L'accordo, infatti, dovrà essere individuale. Saranno previste specifiche attività formative per accompagnare il percorso di introduzione e consolidamento del lavoro agile.
In ogni caso, il dipendente dovrà garantire la sussistenza delle condizioni minime di tutela della salute e sicurezza e la piena operatività della dotazione informatica ma dovrà anche adottare tutte le misure necessarie e idonee a garantire la più assoluta riservatezza di dati e informazioni. Il prossimo incontro tra Aran e sindacati è previsto per il 22 settembre.
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