Soldi, ville e Picasso: il "povero" broker

Il professionista dichiarava 5mila euro l'anno, ma viveva da re grazie al riciclaggio

Soldi, ville e Picasso: il "povero" broker

Milano. Il nome di Alessandro Jelmoni ai più potrà non dire assolutamente nulla. Eppure quattro anni fa questo broker milionario - che sul suo sito si definisce esperto di pianificazione fiscale e fondi etici - era già apparso nell'inchiesta giudiziaria sui cosiddetti «Panama Papers», indagine basata sulle rivelazioni del funzionamento del mercato dell'arte internazionale - per molti versi opaco e con quotazioni davvero stellari - e di un traffico di capolavori che coinvolgevano dinastie di mercanti, opere requisite dai nazisti e persino una nipote di Pablo Picasso. Il 52enne Jelmoni, che in circa dieci anni avrebbe dichiarato al fisco meno di 5mila euro lordi anche se abitava in un lussuoso appartamento del centro di Milano per cui pagava circa 110mila euro di affitto all'anno, un'opera del genio spagnolo la teneva proprio lì, appesa ai muri di casa. L'altroieri il Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di finanza di Milano, su disposizione della Sezione misure di prevenzione della Procura, oltre a preziose tele (insieme al quadro di Picasso anche opere di Lorenzo De Caro e Niccolò Cassana, detto «Nicoletto») e a varie sculture, gli ha sequestrato un'enorme e lussuosa villa ad Arzachena, in Sardegna, pagata oltre 16 milioni di euro.

Nato a San Donà di Piave (Venezia), Jelmoni era già stato arrestato nel 2012 con gli imprenditori Corrado ed Elena Giacomini, amministratori dell'omonima azienda piemontese leader nel settore dei rubinetti. Il broker, tra le altre cose, avrebbe gestito un trust lussemburghese proprio a favore della coppia. Una tranche dell'inchiesta è poi passata a Milano in mano ai pm Stefano Civardi e Giordano Baggio e, nei giorni scorsi, per Jelmoni è arrivata in primo grado una condanna a dieci anni e sette mesi di reclusione.

Stando agli atti l'uomo sarebbe stato a capo «di un'associazione per delinquere a carattere transnazionale con interessi in Italia», Lussemburgo, Svizzera e Gran Bretagna, «dedita al riciclaggio di ingenti proventi derivanti da evasione fiscale» e «realizzata mediante la costituzione di società estere» con «sede anche in paradisi fiscali». I giudici, disponendo il sequestro come misura di prevenzione, hanno accertato la sua «pericolosità sociale» dal punto di vista economico-finanziario.

Il

valore delle opere d'arte a cui sono stati messi i sigilli è di un milione e mezzo di euro. Oltre alle tele ci sono 67 oggetti di antiquariato, mobili argenterie, gioielli antichi e pendoli risalenti al XVII e XVIII secolo.

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