Nei giorni scorsi e proprio quando Giuseppe Conte stava portando a termine la conquista di ciò che resta dei Cinque stelle, il premier Mario Draghi s'è espresso a favore del contestatissimo «reddito di cittadinanza». L'ha fatto, però, usando una formula oscura, dichiarando di condividere il «concetto alla base» di quella misura, senza che fosse possibile intendere il perché. Sarebbe allora interessante che Draghi rispondesse ad alcuni interrogativi al riguardo.
1. Cosa si può replicare a chi sostiene che siamo dinanzi a uno spreco massiccio di denaro?
2. Il reddito di cittadinanza serve ad aiutare soggetti poveri e in situazioni estreme, oppure è un istituto volto a garantire taluni cosiddetti «diritti sociali» e quindi destinato a durare indipendentemente dai cicli economici?
3. È qualcosa che si può in qualche modo ricondurre al reddito di base universale (che intende attribuire a chiunque un salario finanziato dallo Stato, indipendentemente dalla posizione sociale), teorizzato già alla fine del Settecento e più recentemente dal Collectif Charles Fourier? Se è così, non rischia di condurci verso una società dominata da logiche parassitarie?
4. Il vero obiettivo è la riduzione delle diseguaglianze, ritenute di per sé negative, o il miglioramento delle condizioni dei più deboli?
5. È un trasferimento di denaro da chi lavora a chi non lavora nella consapevolezza che la «solidarietà pubblica» sia un costo necessario, oppure muove dalla tesi che questo aiuti la crescita dell'economia?
6. Poiché le risorse destinate a finanziamento di tale misura sono tolte al settore produttivo (che in tal modo, tra l'altro, non può creare tanti posti di lavoro), davvero si crede che i benefici complessivi di tali elargizioni pubbliche siano superiori ai costi?
7. Si tratta di uno strumento meramente assistenziale (che punta a sostituire gli sforzi della Caritas a favore dei senzatetto, per capirsi) oppure intende favorire un aumento dell'occupazione?
8. Cosa si può rispondere a quanti sostengono che il reddito di cittadinanza danneggia la cultura e la mentalità dei presunti «beneficiari», che non hanno bisogno in primo luogo di quei pochi soldi elargiti dallo Stato, ma invece devono poter trovare opportunità di lavoro e di iniziativa?
9. Data la concentrazione nel Mezzogiorno dei suoi beneficiari, questo reddito è una misura provvisoria pensata per far fronte alle difficoltà di quelle aree, oppure quale scelta politica, ritenuta necessaria al fine di evitare eccessive tensioni sociali e mantenere un qualche consenso elettorale?
Sono molte le domande che si potrebbero formulare, ma già in queste nove
sono sintetizzati quesiti fondamentali, a cui il governo dovrebbe dare risposta. Non sono in gioco soltanto 13 miliardi di euro all'anno di soldi dei contribuenti: c'è in gioco il modello di società in cui si vuole vivere.
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