Pierluigi Battista, ex vicedirettore del Corriere della Sera, capofila di una fila molto sottile: quella dei giornalisti liberali C'è un rapporto europeo sull'Italia che contiene accuse pesanti. Dice che la magistratura sta per perdere l'indipendenza, dice che la stampa non è più libera, dice che il premierato mette a rischio la democrazia.
«Mi faccia fare una premessa. È paradossale il fatto che sia messa in dubbio l'indipendenza della magistratura in Italia quando nell'Ue è avvenuta recentemente una delle peggiori nefandezze giudiziarie del dopoguerra. Parlo del Qatargate. Con carcerazioni preventive inspiegabili, comportamenti della magistratura simili alla tortura, immunità parlamentari svanite. La credibilità internazionale dell'Ue sulla giustizia la lascerei perdere. Non esiste».
Ci sono dei dubbi su dove l'Europa abbia preso queste notizie...
«C'è un circolo, un pool. E poi c'è l'effetto eco. Gli inviati, i corrispondenti dei giornali stranieri, si vedono tra loro e si confermano nei loro pregiudizi. Dove nascono i pregiudizi? Dalla frequentazione coi giornalisti italiani. È sempre stato così. I corrispondenti si appoggiano sulla stampa nazionale. E nei giornali italiani c'è una regola aurea: ci si mette d'accordo in tre o quattro testate e si lancia una notizia molto orientata. In un attimo quella notizia diventa vera. Se la contesti, ti dicono: Beh, l'hanno scritta quattro giornali!. Già, ma sono sempre gli stessi. Sono sempre il pool che fece Mani pulite».
Però questo rapporto suona come una condanna per l'Italia
«Si enfatizza questo rapporto che dovrebbe confermare l'isolamento dell'Italia. L'orbanizzazione del governo Meloni. E si minimizza il fatto che dopo le elezioni la Francia è sotto osservazione per i suoi conti pubblici perché c'è il debito alto e una fortissima incertezza politica ed economica.
Si parla di interferenza della politica sulla magistratura proprio nei giorni dell'arresto di Giovanni Toti.
«Non c'è nessuna interferenza della politica. C'è il dominio della magistratura. L'Italia vive del tutto sotto gli standard dello stato di diritto. Lo stato di diritto qui da noi è stato smantellato dal 1992 in poi. L'altro giorno è avvenuta una cosa che dovrebbe preoccupare le democrazie europee. C'è stato un corteo forcaiolo per chiedere le dimissioni di Toti, detenuto dai magistrati. Questa è una riedizione delle monetine contro Craxi del '93».
Esiste allora il tema dello stato di diritto?
«Certo. Lo stato di diritto è sbriciolato. È infinito il numero di amministratori, sindaci, presidenti di regioni, ministri, sottosegretari, parlamentari, di tutti i partiti, finiti sotto accusa: tutti, tranne pochissime eccezioni, regolarmente assolti».
Dice l'Europa che c'è poca libertà per i giornalisti
«C'è piena libertà. E i giornalisti la usano per fare copia e incolla con le carte che arrivano dalle Procure. In genere migliaia di fogli di intercettazioni con i post-it per indicare quali sono quelli da leggere».
La libertà di stampa è limitata?
«No, non mi sembra. La libertà di stampa è quella cosa determinata dal pluralismo. E il pluralismo da noi è totale».
Ci parli di Toti.
«Se non ammette di condividere le cose che dicono di lui i magistrati non lo liberano».
L'Europa critica la separazione delle carriere
«Già. E non sa che nella maggioranza dei Paesi europei c'è la separazione delle carriere».
Perché l'Europa ce l'ha con la Meloni?
«Sono molto impauriti. È cambiato qualcosa, la destra avanza, la Meloni è un personaggio nuovo, che loro non capiscono bene. Non c'è un clima favorevole nei suoi confronti.
In questo modo non si indebolisce l'Europa?
«Certo che si indebolisce».
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