Speranza ci ripensa. Il freno ai viaggi: tamponi obbligatori e mini-quarantena

Anche chi torna da Paesi dell'Ue dovrà sottoporsi a un tampone in partenza, a una quarantena di cinque giorni a prescindere dall'esito del test, e a un altro tampone finale

Speranza ci ripensa. Il freno ai viaggi: tamponi obbligatori e mini-quarantena

Anche chi torna da Paesi dell'Ue dovrà sottoporsi a un tampone in partenza, a una quarantena di cinque giorni a prescindere dall'esito del test, e a un altro tampone finale. Un iter contenuto nell'ordinanza firmata ieri da Roberto Speranza, ministro della Salute, che suona come una specie di disincentivo ai viaggi all'estero e che allinea i viaggi a medio raggio a quelli per il resto del mondo. La quarantena di cinque giorni infatti non ha una motivazione scientifica. Non solo: anche qualora l'esito del primo tampone sia negativo - e il risultato di solito arriva dopo un paio di giorni nel caso di molecolare - il viaggiatore dovrà concludere lo stesso il percorso a ostacoli per tornare alla sua vita normale (o quasi). L'ordinanza sarà in vigore dal giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e fino al 6 aprile, ossia il martedì dopo Pasquetta. Chi arriva dall'estero dovrà comunicare il «proprio ingresso nel territorio nazionale al Dipartimento di prevenzione dell'azienda sanitaria competente per territorio» e poi sottoporsi all'isolamento, fatti salvi motivi di necessità e urgenza.

Un modo per incoraggiare gli italiani con la valigia pronta a starsene a casa. «Quello che noi abbiamo chiesto - ha spiegato in tv il ministro degli Esteri Luigi Di Maio - è rimanere a casa e non spostarsi. Non stiamo assolutamente consigliando ai cittadini di andare all'estero, anzi sconsigliamo di spostarsi perché siamo in una fase difficile».

Una decisione che non accontenta il comparto turistico nazionale, che grida comunque all'ingiustizia. «Oggi c'è la possibilità di partire per l'estero e tornare semplicemente con un tampone, mentre qui in Italia siamo chiusi nonostante abbiamo messo in atto tutti i protocolli di sicurezza e siamo pronti a riaprire. È un controsenso», accusa Bernabò Bocca, presidente di Federalberghi, ad Agorà su Rai3. Secondo Bocca bisognerebbe in questo modo «si avvantaggia il turismo all'estero: noi contestiamo l'incoerenza di un provvedimento per cui un italiano non può neanche prendere il caffè in patria ma può salire su un aereo e andare in un Paese in fascia C». «Oggi - dice Bocca - abbiamo l'85 per cento degli alberghi chiusi, nonostante la massima sicurezza garantita dai protocolli sanitari. Noi diciamo solo che se il tampone vale per chi va all'estero, deve valere anche per chi va in un albergo italiano». Federalberghi ha fatto una convenzione con i laboratori. «Siamo pronti a fare tamponi ai turisti in arrivo e in partenza», dice Bocca.

Chi fa da sé è Portofino, una delle capitali del turismo italiano. Il comune ligure sta lavorando a un progetto «per dare la possibilità di fare test rapidi a turisti che arriveranno e anche alla cittadinanza, lo abbiamo studiato per essere pronti, se avremo il via libera, a partire da maggio in poi. Ci stiamo lavorando insieme alla Asl di riferimento e potrebbe essere una garanzia per i cittadini e per tutti quelli che arrivano sul nostro territorio», dice Matteo Viacava, sindaco del comune che in questo modo diventerebbe una sorta di laboratorio per la ripartenza delle attività economiche ferme da mesi per l'emergenza Covid. L'idea è quella di allestire un punto tamponi rapidi all'ingresso del celebre borgo.

Secondo Viacava «aprire ai viaggi all'estero mentre l'Italia è in zona rossa è qualcosa di totalmente assurdo. Non roviniamo tutto. Io sono dell'idea del massimo rigore adesso, per poi poter partire con la stagione nel migliore dei modi. Se non ci pensa il governo spero ci pensino gli italiani».

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