Spese pazze in Emilia Romagna: cene, rimborsi, viaggi e sex toy

La cifra totale per spese ritenute dagli inquirenti non pertinenti all’attività consiliare dei vari gruppi è pari a 2 milioni di euro e 87mila euro

Spese pazze in Emilia Romagna: cene, rimborsi, viaggi e sex toy

Pranzi, cene e rimborsi chilometrici. Ma anche viaggi. E perfino un "sex toy" per cui avrebbe chiesto il rimborso una eletta in Regione. Sono alcune delle voci contestate dalla Procura di Bologna nell’inchiesta per peculato sulle "spese pazze" che ha travolto l'assemblea legislativa dell’Emilia Romagna. La cifra totale per spese ritenute dagli inquirenti non pertinenti all’attività consiliare dei vari gruppi è pari a 2 milioni di euro e 87mila euro.

Le presunte "spese pazze" sono state contestate dalla procura di Bologna ai 41 consiglieri della Regione Emilia Romagna. Peculato il reato ipotizzato dai pm, che accusano sia i consiglieri che hanno effettuato le spese rimborsate sia i capigruppo che non le avrebbero impedite. Scorrendo le cifre, circa la metà dei rimborsi che secondo la procura non sarebbero legittimi riguarda il Pd: 940mila euro contestati a 18 consiglieri per questo indagati. Seguono l’Idv con 423mila euro e un paio di avvisi ad altrettanti consiglieri, e il Pdl con undici consiglieri indagati per aver speso 205mila euro. Si prosegue con 151mila contestati al consigliere di Fds, e con tre consiglieri della Lega Nord indagati per 135mila euro. Non sono fuori dall’indagine i consiglieri, all’epoca del Movimento 5 Stelle, Andrea De Franceschi e Giovanni Favia, che dovranno dare spiegazioni su 98mila euro spesi e rimborsati da Viale Aldo Moro. Per Sel l’indagine riguarda due consiglieri e una spesa di 77mila euro. Altri 27mila euro sono attribuiti ai due consiglieri del gruppo misto, mentre ammonta a 31mila euro la somma contestata alla sola eletta dell’Udc. Le spese finite sotto la lente d’ingrandimento dei pm Morena Plazzi e Antonella Scandellari, titolari del fascicolo coordinato dal procuratore aggiunto Valter Giovannini e dal procuratore capo Roberto Alfonso, fanno riferimento al periodo che va dal giugno 2010 al dicembre 2011.

Gli sviluppi dell’inchiesta, aperta da mesi, giungono con un tempismo perfetto ad appena un paio di settimane dal voto che dovrà rinnovare l’aula di Viale Aldo Moro e decidere il nuovo presidente della Regione.

"Abbiamo rispettato i tempi dell’inchiesta - ha provato a difendersi il procuratore aggiunto di Bologna Valter Giovannini - non dimentichiamo che in passato ci è stato anche attribuito un ritardo nello svolgimento della stessa".

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