Finalmente. Comincia oggi al Csm il procedimento disciplinare contro i magistrati torinesi Stefano Colace e Lucia Minutella. Il primo, soprattutto, è stato il protagonista di una vicenda stupefacente che non ha procedenti nella pur ricchissima storia giudiziaria italiana. Per tre anni circa, dal 2015 al 2018, Colace. pm a Torino, intercettó, sia pur «indirettamente», la bellezza di quasi cinquecento volte l' allora senatore Stefano Esposito (foto), Pd, benché dopo tre settimane si fosse chiarito che si trattava di un parlamentare. Uno sfregio senza precedenti alle istituzioni del Paese. Per la cronaca, il procedimento in questione, Bigliettopoli, aveva preso di mira inizialmente un amico di Esposito, l'imprenditore Giulio Muttoni, intercettato a sua volta qualcosa come 23.738 volte. Numeri quasi da fantascienza, per di più per una serie di capi d'accusa che sono in gran parte franati nel tempo.
Non solo, il caso Esposito è approdato nel dicembre scorso alla Corte costituzionale che ha emesso una sentenza dai toni durissimi e ha dato ragione al Senato nel conflitto di attribuzione contro gli uffici giudiziari di Torino. «Non spettava alle autorità giudiziarie che hanno sottoposto ad indagine e, successivamente, rinviato a giudizio Stefano Esposito, disporre, effettuare e utilizzare intercettazioni rivolte nei confronti di un terzo imputato, ma in realtà unicamente preordinate ad accedere alla sfera di comunicazione del parlamentare senza aver mai richiesto alcuna autorizzazione al Senato della repubblica».
Insomma, si sentiva Muttoni ma in realtà si ascoltavano le parole di Esposito. Alla fine della pesca, Colace chiese il rinvio a giudizio di Muttoni ed Esposito, inspiegabilmente il gup Minutella mandó tutti a processo, sdoganando 130 intercettazioni della coppia. In particolare, quelle contro Esposito, effettuate secondo la procura «casualmente.
Successivamente Bigliettopoli si è trasformato in un naufragio giudiziario. Il primo colpo è arrivato quando la Cassazione ha trasferito a Roma per competenza gran parte delle carte, disponendo l'annullamento del rinvio a giudizio e consegnando i faldoni alla procura della capitale. I pm romani hanno riformulato la richiesta di rinvio a giudizio, per reati che vanno dalla corruzione al traffico d'influenze e alla turbativa d'asta, ma a questo punto è intervenuta la Consulta che ha riconosciuto le ragioni del Senato, ha dichiarato illegittima la richiesta di rinvio a giudizio, rimandando per la seconda volta i faldoni alla procura di Roma. Di più, come nell'affaire Napolitano, la Consulta ha ordinato la distruzione delle intercettazioni che riguardano Esposito.
Tecnicamente, Esposito e Muttoni, un big nel mondo degli eventi costretto a colpi di indagini e interdittive a chiudere le sue società, sono ancora indagati a Roma ma di fatto la vicenda è finita in un vicolo cieco.
Sopravvive a Torino, per il solo Muttoni, un troncone laterale ma a nove anni dall'incipit, non è ancora arrivata la sentenza di primo grado.
In un altro spezzone Colace ha indagato Muttoni per associazione a delinquere di stampo mafioso per quattro anni e mezzo. Poi la procura generale di Torino ha avocato e archiviato.
Oggi il primo round alla Disciplinare.
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