
«Oggi è un grande giorno per l'umanità»: così il 19 luglio 2023 festeggiava Samuele «Sam» Calamucci, il capo degli spioni milanesi di Equalize. Uno dei suoi hacker stava saccheggiando il database della Cassazione, destinato a diventare una miniera di informazioni per i report legali e illegali della società milanese. «Continua a scaricare più di ventiduemila sentenze penali!», dice Calamucci. Il sito preso di mira è Italgiure, la banca dati della Cassazione. È una banca dati aperta, dove però i dati delicati vengono omissati. Ma gli spioni milanesi sembrano avere una talpa, «perché lui si occupa proprio di anonimizzare tutte le sentenze, tirare via i nomi». «Domani lo rimettono offline noi comunque tutto il penale dal 2018 ce l'abbiamo», «ne ho scaricate 470mila», «ci sono nome e cognome e data di nascita». Nelle mani di Equalize, il database della Cassazione diventa uno strumento di schedatura di massa di chiunque abbia avuto a che fare con la giustizia.
È quanto emerge dal ricorso, depositato nei giorni scorsi in vista dell'udienza del 19 marzo, con cui la Procura di Milano ha chiesto al tribunale del Riesame di mandare in carcere quattordici indagati, a partire dai capi di Equalize Carmine Gallo e Samuele Calamucci, che sono agli arresti domiciliari dal 17 ottobre, e di mettere agli arresti il titolare dell'azienda, l'ex presidente della Fiera di Milano Enrico Pazzali. Secondo la Procura, rifiutando la retata, il giudice preliminare ha drammaticamente sottovalutato la pericolosità della struttura occulta di Equalize: «un sistema criminale complesso e allarmante, che minaccia non soltanto la privacy di milioni di cittadini ma anche la sicurezza nazionale e le istituzioni».
Il ricorso riporta per intero, a dimostrazione della pericolosità della struttura milanese, i dettagli di uno degli episodi più gravi: lo spionaggio ai danni del giornalista Giovanni Pons e di Giovanni Gorno Tempini, rivale di Pazzali all'interno della fondazione Fiera, di cui vengono bucate le caselle whatsapp, grazie al programma fornito dall'hacker torinese Gabriele Pegoraro. A dare il via all'operazione è personalmente Pazzali, come anche in altri episodi citati nel ricorso. Uno è quello che vede coinvolta incolpevolmente il ministro Daniela Santanchè, intercettata mentre parla con Pazzali che chiede il suo intervento per bloccare la nomina del giornalista Guido Rivolta tra i collaboratori del premier Giorgia Meloni: «gira voce che la tua capa si vuole portare dentro lo staff Guido Rivolta, che è una persona maligna, proprio brutta». La Santanchè cade dalle nuvole, «ma dove lo vuole mettere? Verifico giovedì, mai sentita sta roba». Una chiamata, scrivono i pm Francesco De Tommasi e Antonello Ardituro, «intercettata sull'utenza di Pazzali in modo del tutto occasionale, originata da una chiamata che Pazzali effettua verso il ministro Santanchè, nei cui confronti peraltro non emerge nulla di rilevante, anche perché si limita sostanzialmente a ascoltare quello che le viene riferito». Ma anche questo tentativo di influenzare le scelte governative, secondo i pm, è significativo della pericolosità di Pazzali, perchè dimostra che il presidente della Fiera è «coinvolto direttamente nell'illecita estrapolazione delle chat whatsapp da parte di Pegoraro.
Alcuni elementi, in realtà, fanno sospettare ai pm che Pegoraro fornisse a Pazzali anche chat non autentiche, che infatti «non hanno trovato immediato riscontro nei dispositivi telefonici delle persone offese»: ma la Procura è convinta che in realtà l'hacker le avesse «sapientemente modificate nella forma lasciando integra la sostanza (...) in modo da occultare la provenienza delittuosa delle chat».
E questo rafforza la pericolosità della squadra di spioni piazzata negli uffici sotto la Madonnina: che per i pm deve essere spedita in carcere, a fronte dei «copiosi, abbondanti, granitici elementi indiziari» che dimostrano la «spregiudicatezza e le capacità criminali» di capi e «smanettoni».
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