Lo stile Chanel tra geometrie e colori neutri

Da Giambattista Valli è tutto un fiorire di corolle e boccioli

Cesare CunacciaÈ Villa Mairea a NoormaRkku, in Finlandia, l'incipit concettuale da cui Karl Lagerfeld è partito per la collezione haute couture Chanel P/E 2016. Nel segno di quella volumetria pura, che unisce razionalismo nordico e astrazione zen, pensata da Alvar Aalto nel 1937 per l'industriale del legno Harry Gullichsen quale dono all'elegantissima moglie Maire. E il legno chiaro, naturale, fin dall'invito alla sfilata Chanel, ne costituiva il motivo conduttore, dominando in toto la sofisticata scenografia, quanto declinandosi negli abiti in mille diverse maniere attraverso ricami, applicazioni e textures perfino incredibili. La donna Chanel stavolta è un sofisticato incrocio tra la klimtiana Emilie Flöge e la modernità Bauhaus di Maire Gullichsen. Sfilano lineari gonne longuette a contrasto con spalle ampie e tondeggianti da samurai, alternandosi ad altre che si allargano più morbide. Ecco sedimentazioni di balze geometriche come un teorema, inserti di pizzo, tweed grafici o in sbieco realizzati a telaio, ensembles e tailleurs che ripercorrono nel contemporaneo l'intramontabile DNA della Maison di rue Cambon. Iridescenti cappe di tulle spalmato e rébrodé sfumano le silhouettes. I colori sono neutri e molto Chanel: beige, bianco, nero, grigi perlacei, rosa cipria, blu polvere, illuminati da bagliori di strass e concrezioni di paillettes e dentelles. La sposa, di prammatica per il gran finale, incede con il suo strascico misurato e un'allure '30 dalla vaga grazia giapponizzante, avvolta da un mosaico di invenzioni tecniche lievi e vertiginose, ancestrali e futuribili come solo poche Case di couture ormai possono permettersi di osare. Le piccole preziose borse - châtelaine sono appese con catenelle alla vita, mentre tutte le scarpe da geisha modernista sono dotate di un sinuoso platform di sughero. Giambattista Valli in questa stagione ha dato una prova particolarmente radiosa e felice della sua poetica di couturier. Come se una brezza leggera e divertita, una voglia di nuovo e di gioventù avesse scompigliato la filologica osservanza dei codici couture che egli porta impressa nel suo fare. Un omaggio allo spirito e allo charme eterno e luminoso di Parigi, la Ville Lumière, soprattutto in questi tempi bui dove puoi accedere a una sfilata soltanto dopo vari accurati controlli di sicurezza e ovunque, per strada, nei bar, si avverte una certa inquietudine. Filo conduttore i giardini della città, da Bagatelle al magico recinto del Palais Royal, caro a Cocteau e Colette e l'imprinting Impero incarnato dal punto vita altocinto. Un caleidoscopio di virtuosismi creativi e di sapienza sartoriale, mille riflessi di jais e cristalli, ramages e ghirlande floreali ricamati a effetto tridimensionale o composti da una corrente policroma di minuscole paillettes. Reticoli di visone su swakara e mini-abiti con cappa da infanta rock in broccato, crêpe di seta dove sbocciano corolle e boccioli monocromi dégradées, sovrapposizioni scultoree di tulle plissé rosa peonia, candido, rosso papavero, grigio fumo «Gruau», bustier-peplo drappeggiati e sensuali. C'è pure una stupenda T-shirt in satin duchesse di seta, con le maniche fitte di jais neri.

Il ritmo da romantico si fa incalzante, cambia la musica edenica che accompagna la prima parte del défilé e si spalanca la soglia di una notte avvincente come un romanzo. E finalmente la delicata jeune fille firmata Valli, evidentemente ricca, cosmopolita, bellissima e gaté, tira fuori la propria irresistibile malia di seduttrice.

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