È crollato tutto lo schema. Le persecuzioni, la «morsa soffocante», la «trappola». Marco Venturi non è stato assolto soltanto dall'accusa di avere ucciso volontariamente Carlotta Benusiglio, la stilista trovata morta impiccata a un albero in piazza Napoli, nella primavera 2016. Dopo sette anni di indagini, perizie e inevitabili sofferenze sono cadute anche le accuse di atti persecutori, il cosiddetto «stalking», che avrebbero portato la giovane alla morte.
La verità giudiziaria in appello dice altro rispetto alla sentenza di primo grado, quando Venturi fu condannato in abbreviato a sei anni per «morte come conseguenza di altro reato». Allora la giudice Raffaella Mascarino, che non credette all'ipotesi dell'omicidio volontario, scrisse la parola «suicidio». Si convinse di trovarsi di fronte a una delle tante relazioni tossiche, ipotizzando che la 37enne tormentata dal rapporto con l'ex - si fosse tolta la vita per mettere fine alle proprie sofferenze. Sperando però fino all'ultimo che qualcuno l'avrebbe potuta salvare. Una considerazione giustificata nelle motivazioni con il fatto che scelse un albero «collocato in prima fila rispetto ai margini del parco, ben visibile rispetto a chi si fosse trovato a passare». E che non strinse bene la sciarpa che usò per impiccarsi, forse sperando in un intervento salvifico dell'ultimo secondo.
La storia, come sappiamo, andò diversamente. Venturi, dopo l'ultima lite con la donna, non tornò mai indietro. E venne condannato in primo grado per averla deliberatamente abbandonata al suo dolore, dopo due anni di vessazioni fisiche, psicologiche e minacce. La corte d'Assise d'appello ieri ha ribaltato questa ricostruzione e non ha abbracciato nemmeno la tesi della procura, che da anni insiste invece con l'ipotesi dell'omicidio volontario. La pm Francesca Crupi che anche in primo grado aveva chiesto 30 anni - ha infatti impugnato la sentenza. Anche la procura generale, con la pg Maria Vittoria Mazza, ha continuato fino all'ultimo a chiedere la condanna. La corte ha risposto con un'assoluzione piena.
«Il fatto non sussiste», hanno stabilito ieri i giudici d'appello, con i togati Franca Anelli e Ivana Caputo. Decisione che ha provocato una grande delusione nei familiari della ragazza, che da anni si sono battuti per un esito diverso. Uscendo dall'aula sconvolte e sbattendo la porta, madre e sorella sono riuscite a pronunciare solo poche parole. «Spero che Carlotta non veda», a mezze labbra ha detto la mamma Giovanna Palazzi. I legali di parte civile presenteranno un prevedibile ricorso in Cassazione. «È stato assolto da tutto come da nostre richieste. Quella di oggi (ieri, ndr) è una decisione coraggiosa che io condivido», il commento di Andrea Belotti, che difende Venturi.
«Secondo me troppe aspettative erano state create e la condanna in primo grado si basava su pochi riscontri di prova, forse era più corretto essere più realistici tutti. La ragazza si è suicidata». Per il momento la verità giudiziaria gli ha dato ragione.
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