Strage a 3mila metri. "Morti congelati in 5"

Gli scialpinisti sorpresi dalla tormenta erano tutti parenti: "Nascosti nelle buche per sopravvivere"

Strage a 3mila metri. "Morti congelati in 5"
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La tempesta a 3.500 metri, la perdita di orientamento e la chiamata di emergenza, il disperato tentativo di scavare buche della neve per trovare riparo. E poi il ritrovamento dei cinque escursionisti, morti di ipotermia. Un'intera famiglia distrutta. Ogni immagine cristallizzata nel racconto delle ultime 48 ore di vita degli scialpinisti del Vallese mette i brividi. Tutti esperti, erano partiti in sei da Zermatt per raggiungere Arolla, vicino al confine con l'Italia. Tre fratelli (tra i quali un consigliere comunale di 30 anni in carica da un paio di settimane nel comune di Vex), uno zio e un cugino del Cantone Vallese, insieme a un'amica di Friburgo, si stavano allenando per la «Patrouille des glaciers», una gara di scialpinismo di fama mondiale in programma ad aprile.

La comitiva comincia l'escursione risalendo a oltre 3mila metri per cavalcare le Alpi a cavallo tra Svizzera e Italia. Sabato, però, si scatena il panico: le bufere ad alta quota si fanno più ostili, mentre una valanga si abbatte sul Cervino. Il gruppo si trova proprio in quella zona: non viene travolto ma si rende conto che la situazione sta degenerando. Senza ormai più punti di riferimento i sei - tutti tra i 21 e i 58 anni sono bloccati e stremati ma non si lasciano paralizzare. Alle 17.30 di sabato parte l'sos: uno degli escursionisti riesce a chiamare informando della propria situazione e fornendo le coordinate del gruppo. Nel tentativo di raggiungere il luogo di localizzazione della chiamata, le squadre setacciano i pendii innevati e ogni anfratto roccioso dove i sei avrebbero potuto ripararsi. Ma a 3mila metri il pericolo di slavine a causa della tormenta è troppo alto, così gli esperti svizzeri sono costretti a rientrare. I soccorsi riprendono all'alba di domenica, anche con l'ausilio di esperti di telecomunicazioni che provano a rintracciare il segnale dei telefoni del gruppo lungo l'itinerario Zermatt-Arolla. Eppure il rischio di valanghe impedisce ancora di avvicinarsi alla zona. Le speranze drammaticamente svaniscono col trascorrere delle ore: mentre i soccorritori fanno di tutto per cercare di salvarli, fino all'ultimo i dispersi cercano un riparo nella coltre bianca, poi perdono i sensi, muoiono congelati e disorientati.

A fare la macabra scoperta sono tre soccorritori e un agente di polizia nella serata di domenica: sono da poco trascorse le 21 quando tra la neve vengono intravisti i corpi di cinque dei sei dispersi. Le autorità locali riferiranno che con ogni probabilità - dopo aver perso l'orientamento nella tempesta - hanno tentato invano di scavare una buca nella neve per trovare riparo dal freddo e dalla bufera. L'ipotesi, infatti, è che il loro decesso non sia legato alla valanga ma all'ipotermia: sono morti di freddo a decine di gradi sottozero, annientati dal vento gelido che spazzava la neve a quasi 200 all'ora.

Le ricerche del sesto disperso continuano, ma le condizioni meteorologiche nella zona sono ancora difficili e le operazioni di soccorso molto delicate.

«Dobbiamo inchinarci alla natura», sono le parole del comandante della polizia cantonale del Vallese Christian Varone che sembrano l'unica chiosa possibile alla tragedia.

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