In bicicletta si muore, sempre di più. È una mattanza che sembra non aver fine, che va di pari passo con la mancata regolamentazione del metro e mezzo da consigliare agli automobilisti che si trovano a sorpassare i ciclisti. Che va di pari passo con un codice della strada che non viene adeguato e nelle scuole guida non viene insegnato come comportarsi nei casi si incontrino ciclisti o manifestazioni ciclistiche.
In bicicletta si muore, ogni giorno. Ieri è toccato a Silvia Piccini, una ragazzina di appena 17 anni, innamorata della sua bicicletta e della vita. Quattro giorni fa è stata travolta da un'auto mentre si allenava in sella alla sua bicicletta alle porte di San Daniele del Friuli. Un impatto violentissimo che aveva costretto i sanitari a chiedere l'intervento dell'elisoccorso per trasportarla all'Ospedale Santa Maria della Misericordia di Udine. Le condizioni della ragazza sono apparse subito gravissime a causa di un importante trauma cranico. A poche ore dalla tragedia di Silvia, l'Associazione Corridori Ciclisti Professionisti Italiani (Accpi) ha annunciato con una nota ufficiale che ciclisti e cicliste della massima categoria faranno causa allo Stato Italiano per inadempienza e mancanza di tutela dei propri cittadini.
Sono passati quattro anni dalla morte di Michele Scarponi, corridore professionista, vincitore di un Giro d'Italia, compagno di squadra di Vincenzo Nibali, e le morti non tendono a diminuire, anzi.
«Sono triste e amareggiato, anzi diciamo pure infuriato ci spiega Cristian Salvato, ex corridore professionista e oggi a capo del sindacato delle atlete e degli atleti -. Ricordo le promesse fatte dalle autorità sulla tomba di Michele (Scarponi, ndr). Sono rimaste lì, sulla carta. I politici che continuano a ignorare i nostri appelli sono complici delle morti che ogni giorno si verificano in strada. Chiediamo un metro e mezzo di vita non la luna».
Molti si chiederanno: perché i corridori professionisti si mobilitano? Perché chi corre in bicicletta, chi solo ama fare un giretto attorno a casa, lo fa esattamente sulle
stesse strade: che tu sia corridore della domenica o un vincitore di un Tour de France. Chi va in bicicletta non solo è in equilibrio precario su un mezzo bellissimo e vulnerabile: tutti, per davvero, sono sulla stessa strada.
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