La stretta della Lega sugli imam

Gli emendamenti al decreto: albo per i predicatori islamici e reato di integralismo

La stretta della Lega sugli imam
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In arrivo un ulteriore giro di vite targato Lega. Portano la firma di deputati del Carroccio gli emendamenti introdotti al ddl Sicurezza in questi giorni all'esame delle commissioni Giustizia e Affari costituzionali di Montecitorio. Spicca, tra gli altri, l'introduzione nel Codice penale del cosiddetto «reato di integralismo islamico», cui si affianca l'istituzione presso il ministero dell'Interno del registro nazionale degli imam. Alla base di queste proposte c'è la necessità di rendere «tracciabili i finanziamenti alle moschee». Questo albo nazionale serve per indicare i ministri di culto, i formatori spirituali e le guide di culto appartenenti alle confessioni religiose che non hanno stipulato intese con lo Stato ai sensi dell'articolo 8, terzo comma, della Costituzione. E si prevede che tra i requisiti necessari per l'iscrizione all'albo ci sia anche «la conoscenza della lingua italiana».

Altro elemento di novità è la castrazione chimica, da somministrare a persone condannate per reati di violenza sessuale.

Tra gli altri correttivi proposti dalla Lega anche una sorta di scudo processuale per i tutori dell'ordine.

Si vuole infatti introdurre una sorta di garanzia per l'effettivo e tempestivo rimborso delle spese giudiziarie anticipate a carico dei rappresentanti delle forze dell'ordine chiamate a rispondere di presunta violenza e di abuso «nel caso di assoluzione per il riconoscimento della legittimità del proprio operato». In questo senso viene letto come un atto di garanzia anche la richiesta di introdurre la dotazione di minitelecamere per tutti coloro che vengono impegnati in servizi di ordine pubblico particolarmente delicati.

Il testo del disegno di legge, che approderà il prossimo 27 maggio all'Aula di Montecitorio conterrà altri emendamenti proposti sempre dai parlamentari del Carroccio. Tra cui quello che punisce la commercializzazione di «prodotti con marchi o segni contrari alla legge, all'ordine pubblico e al buon costume. «Salvo che il fatto costituisca più grave reato - si legge nel testo dell'emendamento -, chiunque, al fine di trarne profitto, introduce nel territorio dello Stato, mette in circolazione o vende prodotti recanti marchi o segni dichiarati dall'organo competente contrari alla legge, all'ordine pubblico o al buon costume è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa fino a 20.000 euro».

A far discutere di più è però un altro emendamento al decreto presentato dal leghista Igor Iezzi che aumenta le pene per chi protesta «in maniera minacciosa e violenta» le contro le grandi opere strutturali. In buona sostanza si aumenta la deterrenza nei confronti di chi si rende responsabile di resistenza e minaccia a pubblico ufficiale nel corso di manifestazioni di protesta contro opere pubbliche. Con un ulteriore aumento di pena (fino a 22 anni) se le stesse minacce e la stessa violenza realizzano lo scopo di bloccare i lavori dell'opera pubblica stessa.

Questa proposta, però, incontra la dura opposizione dei rappresentanti dei Verdi, dei Cinquestelle e della Sinistra Italiana.

«La norma - commenta Angelo Bonelli, portavoce di Alleanza Verdi Sinistra - ha un chiaro indirizzo: colpire la protesta dei siciliani e dei calabresi che non vogliono il ponte sullo Stretto di Messina, e rappresenta - aggiunge - una svolta autoritaria inaccettabile su cui noi risponderemo in maniera molto chiara perché ci porterà a sviluppare una battaglia estremamente dura in Parlamento sul ddl sicurezza».

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