Sul ddl Zan hanno già deciso: perché non si può parlarne

A poche ore dalla scomparsa di Raffaella Carrà, è stata lanciata una petizione online per rinominare il Ddl Zan in Ddl Carrà. Si tratta dell'ennesima strumentalizzazione politica che impedisce una discussione ogettiva sulla proposta di legge.

Sul ddl Zan hanno già deciso: perché non si può parlarne

Il furore ideologico per spingere l’approvazione del Ddl Zan non si ferma neanche di fronte alla morte a giudicare da quanto accaduto a poche ore dalla scomparsa di Raffaella Carrà che è stata da più parti tirata in ballo come testimonial del mondo gay e lgbt. Un conto è il ricordo doveroso di una grande artista, l’interpretazione del suo pensiero e l’analisi delle sue posizioni, un altro strumentalizzarne la memoria come sta avvenendo, come ha ricordato Paolo Giordano sul Giornale.

In particolare, è stata lanciata una petizione online per rinominare il ddl Zan in Ddl Carrà poiché, secondo i promotori dell’iniziativa: “Visto che la conduttrice e cantante scomparsa ieri era una vera e propria icona del mondo Lgbt e ne aveva più volte sposato le istanze, chiamiamolo Ddl Carrà”. Non entriamo nel merito delle motivazioni addotte per promuovere la petizione quanto sull’opportunità di promuovere un’iniziativa di questo genere.

Checché ne dicano i suoi sostenitori, il ddl Zan è una legge divisiva che ha spaccato non solo la politica ma anche l’opinione pubblica. Il problema è che, a fronte di alcuni sostenitori accaniti che hanno una notevole influenza mediatica a causa della mobilitazione di una parte del mondo dello spettacolo, la stragrande maggioranza degli italiani non conosce nello specifico i contenuti del disegno di legge che non solo da un punto di vista ideologico ma anche giuridico ha numerose pecche.

Da quando il ddl è stato presentato, si è creata una polarizzazione nel dibattito che ha impedito una discussione nel merito realizzando uno schema purtroppo sempre più diffuso nell’epoca della politica social: o sei a favore del ddl Zan oppure sei omofobo, contrario a diritti, bigotto. Ciò ha portato numerose personalità in un primo momento a schierarsi a favore, salvo poi fare retromarcia. D’altro canto lo stesso Stefano Fassina (che non può certo essere tacciato di simpatie per la destra) ha affermato: "non avevo piena consapevolezza in prima lettura alla Camera, quando ho votato a favore”.

Ciò non significa che lo schieramento massiccio di personaggi pubblici a favore della nuova legge nei mesi e nelle settimane passate sia frutto di una forzatura, quanto che la narrazione promossa dal dibattito social porta a inevitabili banalizzazioni su temi delicati e complessi Se è vero che la politica è consenso, al tempo stesso non si possono rincorrere le dinamiche social che si prestano a inevitabili semplificazioni che sviliscono il dibattito come testimoniano le diretti e gli interventi della coppia Fedez e Chiara Ferragni.

Ma spingersi fino al punto di utilizzare

l'immagine di una grande artista da poco scomparsa per finalità politiche, testimonia la volontà di alzare sempre di più l'asticella pur di raggiungere un risultato che richiederebbe ben altre modalità di confronto e dibattito.

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