I nostri studenti stressati tanto da risultare tra i più affaticati del mondo. Studiano troppo? No. Hanno paura di prendere brutti voti, sono preoccupati di fare brutte figure, sono «molto tesi quando studiano».
Questa è la sintesi di uno studio sul Benessere dei quindicenni pubblicato dall'Ocse. Eppure sono anche quelli - i nostri studenti - che fanno amicizia con i propri colleghi meglio degli altri ragazzi presi in esame dal rapporto. Insomma, sono felici a scuola perché i loro incontri sono costruttivi e piacevoli, sono stressati quando a scuola devono fare gli studenti, cioè studiare ed essere interrogati.
Non c'è da dubitare che i nostri quindicenni siano come ci vengono descritti, tuttavia prendiamo in considerazione che almeno a scuola ci vanno volentieri, se non altro per fare amicizia, mentre sarebbe da chiedersi se sia troppo pesante il loro studio e le verifiche a cui vengono sottoposti.
Certo, la struttura didattica, il sistema d'insegnamento, i programmi della scuola italiana non sono all'avanguardia, però supporre che queste siano le criticità che portano i nostri ragazzi allo stress, mi sembra eccessivo. Sono anche convinto che a scuola, prevalentemente, gli studenti ci vadano malvolentieri e che ciò comporti, di conseguenza lo stress.
Andando al sodo, i ragazzi italiani sono convinti che la scuola non serva a niente: esagero? Solo un po'.
Mettiamoci una mano sulla coscienza e cerchiamo di essere sinceri anche se questa sincerità può farci vergognare. Quante volte sentiamo dire (o diciamo) secondo un vecchio e inossidabile motto che essere primi a scuola significa essere gli ultimi nella vita? Si dice, si dice purtroppo con non celata convinzione. E chi è il soggetto principale di questa devastante convinzione? La famiglia.
Ovvio che i ragazzi vadano a scuola poco convinti dell'insegnamento che ricevono, e la percezione della sua inutilità porta a uno sforzo di volontà che crea stress. Per di più, aggiungiamoci anche che molti nostri insegnanti non brillano per far partecipare gli studenti al processo di apprendimento: due più due fa quattro. Studio abbastanza inutile per la vita, insegnanti abbastanza svogliati: lo stress è dietro l'angolo.
Anche perché a scuola i ragazzi ci vanno volentieri, più volentieri dei loro coetanei internazionali, il che significa che non prediligono la casa o la strada: la scuola è un luogo importante di aggregazione che non deve andare perduto. Il problema è che l'insegnamento scolastico viene surrogato da internet: infatti i nostri studenti sono anche quelli che passano più tempo davanti ai loro tablet. Internet non è solo un sistema di comunicazione tra persone, ma anche di conoscenze che possono essere apprese e condivise. Dunque, c'è qualcosa che non funziona nell'insegnamento, nella verifica di ciò che si apprende e nella percezione del valore dello studio.
I programmi delle scuole medie superiori non sono pensati con una visione moderna e agganciati ai successivi studi accademici. Manca, per esempio, un rapporto virtuoso con le professioni, indipendentemente dal prosieguo degli studi nell'università, e la scuola che offre ancora la visione più organica della formazione è il «vecchio» liceo classico: gli altri indirizzi sono varianti del «classico». Una buona scuola media superiore deve dare l'idea al ragazzo di essere utile, che il suo insegnamento può essere speso bene nel mondo del lavoro: lo stress dei nostri ragazzi nasce da un sentimento di frustrazione, a cui non sono estranee le famiglie quando lasciano intendere in modo più o meno esplicito che la scuola è un passaggio senza grande valore.
Non dimentichiamoci degli insegnanti che dovrebbero essere (con la famiglia) il centro focale della motivazione allo studio. Molti insegnanti sono i primi ad essere frustrati per la scarsa considerazione sociale che si ha per essi, per gli scarsi stipendi che percepiscono: pochi eroici docenti riescono a superare queste penose condizioni con uno sforzo commovente, in grado di rendere la scuola piacevole ai loro studenti e a non stressarli per lo studio e per le conseguenti verifiche. Un giovane è una carta assorbente, e quando gli si presenta una scuola che appare sotto diversi punti di vista inutile, questa gli appare fastidiosa, stressante, una parentesi della vita da oltrepassare al più presto. Oppure da servirsene con una opportunità diversa dallo studio, cioè quella dell'incontro.
Alle rivelazioni dell'Ocse andrebbe aggiunta un'altra statistica, quella dell'abbandono scolare, uno dei più alti in Occidente. Non si va a scuola dopo aver conosciuto la scuola: questo è il vero dramma, e lo stress patito dai nostri giovani è una spia di un malessere che porta all'abbandono scolare.
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