
L'allarme sulle carceri colabrodo e il 41bis scuote la presidente della commissione Antimafia Chiara Colosimo, reduce dalla visita al carcere dell'Aquila. «Abbiamo potuto verificare tutte le criticità emerse nella gestione dei detenuti al 41 bis, dove nonostante un'importante inversione di tendenza esiste una carenza di personale, criticità strutturali degli edifici e criticità indotte dalla disomogeneità nelle interpretazioni giurisprudenziali, gestione dei colloqui e vulnerabilità della corrispondenza che mettono a dura prova questo regime che, ricordo, è nato per evitare qualsiasi tipo di comunicazione esterna e interna del detenuto. Questo, quando non avviene, mette a repentaglio tutto il lavoro investigativo che ha portato a svelare crimini gravissimi».
Come se ne esce?
«Questo è un tema dirimente sia per la politica sia per la magistratura: è possibile stabilire una sorta di pentimento postumo che non passi per la collaborazione con la giustizia? No. Nei cosiddetti casi di collaborazione impossibile basta davvero una valutazione di natura psicologica o sociale? Anche qui, la risposta è no».
Il pericolo qual è?
«Ci sono fattori esterni che molto spesso vengono ignorati o sottovalutati, al punto da spingere vecchi boss a riprendere quei contatti mai del tutto recisi. È sul 4 bis che si concentreremo per evitare che si ripetano situazioni simili a quelle viste a Palermo, dove il tempo e la distanza non hanno per niente scalfito il blasone criminale di alcuni uomini di disonore tornati a delinquere dopo aver ottenuto dei permessi premio».
Parliamo delle stragi del '92-'93...
«Siamo partiti dalla strage di Via D'Amelio perché abbiamo accolto l'appello dei figli del giudice Borsellino, Lucia, Fiammetta e Manfredi, che per troppo tempo sono rimasti inascoltati, in una vicenda che ha devastato insieme alla storia della nostra Nazione anche le loro vite. Ma mai, e dico mai, c'è stata nella voce dei figli la volontà di rassegnarsi a una sorta di narrazione che ha nascosto il puzzo del compromesso e l'isolamento che hanno vissuto eroi come Paolo Borsellino e Giovanni Falcone».
Che cosa avete trovato?
«Ci sono carte e documentazioni secretate o finite nel dimenticatoio che provano strade inesplorate o ignorate che abbiamo il dovere di percorrere, dopo 33 anni dal più grande depistaggio della nostra storia».
Questo fa paura a qualcuno?
«Fa rabbrividire sentire che i nemici di Borsellino e Falcone erano sia all'interno che all'esterno del Palazzo di Giustizia. Via D'Amelio e Capaci sono storie di solitudine e isolamento».
Dossieraggi e caso Striano...
«La questione sollevata dal ministro Guido Crosetto non è uscita dall'agenda dell'Antimafia che meno di un mese fa ha sentito la Sogei; è una vicenda ancora aperta per la commissione, che lavora con le audizioni, ma soprattutto con la richiesta e l'approfondimento di molte carte. Abbiamo iniziato a scrivere, non permetteremo che tutto si esaurisca con una scadenza di termini. Ringrazio il Procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo per aver denunciato e raccontato questo verminaio.
E sugli accessi abusivi?
«Abbiamo notato una sorta di corto circuito nella catena di comando di chi doveva decidere su come e cosa controllare; e questo fa emergere molti dubbi sulla gestione degli accessi abusivi. Ma la domanda alla quale la Commissione risponderà è: chi ha ordinato gli accessi, perché, e a chi potevano servire. E ovviamente, se fin qui ci sono stati errori.
Gratteri ha elogiato il governo Meloni...
«Ho letto la bella intervista sul Giornale, e questo fa ben sperare nel futuro.
Sono contenta che un baluardo della lotta alla criminalità, che gode della mia assoluta stima, dica queste cose, e mi dispiace che alle volte venga screditato per il lavoro che ha svolto nella lotta alla 'ndrangheta nella sua amata regione. Ma fortunatamente i dati sono dalla sua parte poiché la Calabria, infatti, non è un'anomalia italiana e il tasso di assoluzioni nei maxi-processi è in linea con la media nazionale».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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