Su Navalny, hacker e diritti. Biden-Putin restano distanti

Non risolutivo l'incontro in cerca di "relazioni stabili". La stizza di Pechino: "Nessuno ci dividerà da Mosca"

Su Navalny, hacker e diritti. Biden-Putin restano distanti

New York. Joe Biden e Vladimir Putin hanno espresso il desiderio di migliorare le relazioni tra i loro due Paesi e parlato l'uno dell'altro con reciproco rispetto, ma di fatto con l'attesissimo incontro di Ginevra non sono riusciti a risolvere nessuno dei disaccordi che hanno portato i legami tra Stati Uniti e Russia al livello più basso dalla Guerra Fredda. «Biden è un professionista, dovremo lavorare con lui molto attentamente, nulla deve essere lasciato al caso», ha detto il leader del Cremlino all'indomani dell'incontro, secondo Ria Novosti. «L'immagine del presidente americano dipinta dai media non ha nulla a che fare con la realtà - ha proseguito - Non gli sfugge nulla, spero che gli sia data la possibilità di lavorare con calma». «Sono venuto a fare quello che dovevo con l'obiettivo di avere relazioni stabili e prevedibili», ha commentato invece l'inquilino della Casa Bianca dopo i colloqui, ricordando che «un'altra Guerra Fredda non sarebbe nell'interesse di nessuno».

Putin ha spiegato che Mosca è pronta a un ulteriore dialogo se gli Usa sono disposti, anche se il portavoce Dmitry Peskov ha precisato che «non ci sono piani al momento», e che la possibilità di un altro incontro tra i due leader non è stata affrontata a Ginevra. Peskov ha comunque parlato di un vertice «alquanto positivo, sulla base dell'opinione del presidente stesso»: «È stato produttivo poiché i due leader hanno avuto la possibilità di presentare direttamente le loro posizioni e di capire più o meno chiaramente dove l'interazione è possibile e dove non può esserci per ora a causa di disaccordi categorici». Il Cremlino, però, ha lanciato subito una provocazione sull'oppositore russo (in carcere da gennaio) Alexiei Navalny: alla domanda sulla possibile inclusione del dissidente in un eventuale scambio di detenuti con gli Usa, Peskov ha dichiarato che gli potrebbe essere permesso di andare negli Stati Uniti solo «se si scoprisse improvvisamente che è un cittadino americano e lavora per i servizi speciali» di quel Paese. «In altro modo non credo», ha precisato, ribadendo che la questione di un eventuale espatrio di Navalny non è stata neppure discussa durante il vertice. Se sulla questione dell'oppositore e sul fronte dei diritti umani la distanza tra i leader di Mosca e Washington rimane abissale, si è concordato invece un inizio di collaborazione con il ritorno dei rispettivi ambasciatori, le consultazioni contro i cyber-attacchi e l'avvio di negoziati sul disarmo. Con tanto di dichiarazione comune sulla stabilità nucleare volta a scongiurare una guerra atomica. In concreto, però, non è stato fatto nessun annuncio eclatante che faccia pensare a una svolta nelle relazioni.

La Cina, da parte sua, ha accolto con favore il consenso raggiunto da Usa e Russia sulla prosecuzione del dialogo per la stabilità strategica. I due Paesi con il maggior numero di armi nucleari «hanno una responsabilità più alta nel disarmo atomico», ha commentato il portavoce del ministero degli Esteri, Zhao Lijian. Pechino «ha sempre spinto affinché gli stati dotati di queste armi riducano congiuntamente il rischio di guerra nucleare ed è disposta ad avere dialoghi bilaterali o nell'ambito della P5», ossia il club dei cinque Paesi con più testate al mondo. Tuttavia nell'ultima settimana i vertici G7, Nato ed Ue-Usa hanno ricreato un fronte spiccatamente anti-Cina da «nuova Guerra Fredda», come lo ha definito il Dragone.

E Lijian, prima del summit Putin-Biden, ha tenuto a precisare a scanso di equivoci che «l'amicizia con Mosca è indissolubile», ricordando a coloro che cercano di allontanare Cina e Russia come «qualsiasi tentativo di interrompere i legami sino-russi sia destinato a fallire».

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