Si rischia la violenza verbale quando si gioca con i trucchi retorici del sarcasmo. È quanto è successo ad Antonello Piroso. Il noto giornalista televisivo, su Twitter, ha preso di mira il senatore azzurro Maurizio Gasparri, per il quale ha evocato nientemeno che la «pulizia etnica (intellettuale)». Un giudizio spietato a seguito di una presa di posizione contro la liberalizzazione delle droghe da parte del parlamentare di Forza Italia.
Onorevole Gasparri se l'aspettava?
«Il linguaggio usato in questa fatwa (non saprei come altro considerarla) mi ha davvero sorpreso, provenendo da un professionista della comunicazione e non da un anonimo leone da tastiera».
Com'è nata questa polemica?
«Da una mia dichiarazione contro qualsiasi tipo di liberalizzazione della droga. Dichiarazione motivata dalla scelta del premier di affidare alla ministra Dadone la delega per le politiche antidroga».
Ha ricevuto la solidarietà di colleghi e avversari?
«Questa fatwa è caduta durante il weekend pasquale e quindi non ha avuto una grande eco. Però mi sconcerta il silenzio della Federazione nazionale delle stampa. Per ora ho ricevuto soltanto la solidarietà del presidente dell'Ordine dei giornalisti Carlo Verna».
Oggi un professionista dell'informazione cade in questo incidente di percorso. Poco tempo fa era capitato a un professore universitario che aveva preso di mira Giorgia Meloni. C'è secondo lei un denominatore comune in questa crescente aggressività verbale?
«Stiamo sicuramente assistendo a un peggioramento della situazione dovuto forse al fatto che questo tipo di insulti sui social network sono difficilmente sanzionabili. Mi è capitato più volte di rivolgermi alla Procura di Roma. Dei tanti insulti ricevuti mi sono preoccupato di segnalare soltanto quelli di profili non anonimi. Eppure mi è stato risposto che è difficile dare corso alle denunce anche le più circostanziate. Per accertare l'identità degli hater bisognerebbe andare a indagare nelle sedi principali dei motori di ricerca (magari dall'altra parte dell'oceano), dunque troppo poco pratico e costoso. Insomma per i leoni da tastiera nessuna perseguibilità».
Le sembra una scusa?
«So bene che l'anonimo è difficile da perseguire. Ma qui si tratta di altro. Non bisogna certo intasare con queste denunce gli uffici di una magistratura già molto oberata. Però sarebbe importante ridefinire i confini tra insulto e critica. D'altronde quando mi è capitato di criticare il lavoro di magistrati sono stati svelti a perseguirmi».
In quale occasione?
«Avevo detto con evidente ironia che alle liste (lunghissime) degli indagati da Woodcock mancavano solo Pippo, Pluto e Paperino. E l'ho pagata».
L'attacco di Piroso è arrivato sul tema della droga. È davvero un argomento così divisivo?
«È in atto una campagna che vuole criminalizzare chi si oppone alle droghe.
Basta ricordare il docufilm su Muccioli. Ma soprattutto il pensiero dominante tenta di censurare chi non è d'accordo sulla legalizzazione. Senza chiedersi nemmeno se la maggioranza delle persone sia della stessa opinione».
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