Buona anche la seconda. Dopo il «cappotto» rifilato agli avversari nel primo test - le Regionali - il centrodestra di governo supera in scioltezza anche la prova delle Comunali 2023.
Pochi mesi fa si era trattato di Lombardia, Lazio e Friuli, stavolta in ballo c'era la fascia tricolore di quasi 600 Comuni, fra i quali 13 capoluoghi. I numeri arrivati lunedì sera, e il bilancio maturato ieri, vanno nella stessa direzione: la vittoria è arrivata, non è un ko ma un'affermazione netta: «Il centrodestra conferma la sua forza di coalizione di Governo - commenta la presidente del Consiglio Giorgia Meloni - il valore della stabilità e della chiarezza di fronte agli italiani».
Certo, il Pd si proclama primo partito in 6 capoluoghi, e si consola con Brescia, sempre più feudo di un certo mondo cattolico di sinistra, ma il passaggio di testimone fra Emilio Delbono e la sua vice Laura Castelletti è un po' poco perché Elly Schlein possa cantare la vittoria del suo Pd, per non parlare dei 5Stelle, non pervenuti. «Leonessa» a parte, il centrodestra aumenta i sindaci, incassa più vittorie ed è avanti in molte sfide ancora aperte (anche nell'unico capoluogo di Regione chiamato alle urne, Ancona). Sono lontani i tempi in cui la coalizione dei moderati faticava a prevalere alle amministrative. Ora c'è una classe dirigente locale riconoscibile e vanno forte le civiche d'area, tanto che è difficile «pesare» il voto di lista.
Il centrodestra si era affacciato a questo voto con 8 giunte uscenti, contro le 5 della sinistra. Da questo primo turno esce con 4 vittorie (Treviso, Latina, Imperia e Sondrio) contro le due degli avversari (Brescia e Teramo) con sette partite rimandate al ballottaggio del 28-29 maggio. Fra i sei capoluoghi già assegnati, poi, spicca la conquista di Latina, la roccaforte della destra che torna a casa con l'inequivocabile 70,7% di Eleonora Celentano.
La premier ha augurato buon lavoro agli eletti: «Il risultato del voto amministrativo - ha aggiunto Meloni - è un ulteriore spinta all'azione del governo, il consenso degli elettori ci sprona ad accelerare sulla realizzazione del programma di riforme economiche, sociali e istituzionali».
E avrebbe potuto essere anche più grasso, il bottino della coalizione formata da Fdi, Lega, Forza Italia e alleati, se a Pisa non si fosse fermata a 15 voti dalla vittoria al primo turno (su 40mila votanti). Dopo uno spoglio lento e contestato, l'uscente Michele Conti ha dovuto prendere atto dell'ufficialità che lo inchioda al 49,96% contro il 41,12% di Paolo Martinelli (Pd-5 Stelle). Ha chiesto il riconteggio «affinché non possa rimanere alcun dubbio» e numericamente la partita è da rivedere, ma politicamente per Conti è un grande attestato di fiducia in una città che da tempo era orientata a sinistra. Eppure ci sarà da fare grande attenzione per evitare il tranello del ballottaggio. Al secondo turno va vanno anche Massa (dove i due candidati di centrodestra insieme sarebbero al 55%) e Brindisi, dove Forza Italia fa il suo record col 12% e spinge Pino Marchionna al 44%. Incertezza massima a Siena, sfida aperta a Vicenza - in entrambe la sinistra spera - ma a Terni, intanto, Pd e compagni sono già fuori dai giochi. In totale, sui 90 Comuni oltre i 15mila abitanti 23 sono andati al centrodestra, 15 al centrosinistra, 13 a liste civiche e 40 al ballottaggio.
A sette mesi dal giuramento, il primo esecutivo guidato
dalla destra può stare tranquillo. E le velleità dell'opposizione sono rinviate al prossimo anno, quando andranno al voto molti più Comuni (nel 2019 erano stati eletti 3.800 sindaci) e quando si voterà anche alle Europee.
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