Londra La Corte Suprema britannica cambia le regole sul «fine vita» per i pazienti in stato vegetativo permanente, nel caso ci sia accordo tra i medici e la famiglia. É una decisione storica, quella presa ieri dalla giudice Lady Black, che ha stabilito come una comunità di vedute tra i medici che si occupano di un paziente in questo stato e i suoi familiari sia sufficiente ad interrompere anche la somministrazione delle sostanze nutritive di base che lo tengono in vita.
Prima di questa sentenza, già da anni in Gran Bretagna - se i parenti del pazienti lo desideravano e se ciò si rivelava la cosa migliore per il paziente - i medici erano in grado di interrompere ogni tipo di trattamento, compresa la dialisi. Fino a oggi però era ancora necessaria un'autorizzazione legale per fermare la somministrazione di acqua e cibo liquido. Questo caso veniva ancora trattato come l'eccezione alla regola, forse anche per l'impatto emotivo e psicologico che una simile decisione può avere. Tuttavia, solo nel Regno Unito sono circa 24mila le persone che vivono ormai da lungo tempo in uno stato vegetativo permanente. Il loro cuore batte dentro ad un corpo immobile, completamente prigioniero della malattia.
La questione è stata portata di fronte alla Corte Suprema dallo stesso servizio sanitario nazionale, dopo che un uomo di 50 anni colpito da un infarto non aveva più ripreso conoscenza. I medici avevano dichiarato che le possibilità di recupero erano inesistenti quindi, d'accordo con la famiglia del paziente, avevano richiesto all'Alta Corte il permesso di staccare la spina. Il giudice l'aveva concessa, ma il difensore d'ufficio del paziente aveva presentato ricorso in suo nome, un ricorso che ora la Corte Suprema ha respinto.
Come sempre per materie così delicate, la sentenza di ieri è destinata a dividere l'opinione pubblica. Ci sarà chi la interpreterà come una mossa compassionevole e chi invece la giudicherà eticamente inaccettabile. Non può esser taciuto nemmeno l'aspetto finanziario relativo alla materia. Come ricordava ieri la Bbc infatti, il Tribunale di Tutela dei diritti ha affrontato casi simili per 25 anni. I processi duravano mesi o anni e la presentazione di un ricorso costava alle autorità sanitarie circa 50mila sterline in spese legali. E molti esperti ritengono che, per lo stesso motivo, gli ospedali preferissero tenere in vita un paziente piuttosto che affrontare trafile burocratiche e spese ingenti.
Molte famiglie hanno però accolto positivamente la decisione di Lady Black, a partire da coloro per i quali la sentenza è arrivata troppo tardi. La figlia di Jean Simpson, Jodie, è rimasta completamente incosciente per ben 4 anni in seguito ad un overdose.
La signora ha dichiarato che non avrebbe mai atteso un tempo così lungo se il giudizio della Corte Suprema fosse arrivato in tempo. «Per tutti gli anni in cui mia figlia è rimasta in quello stato - ha detto la signora - io e i suoi figli siamo rimasti in un lutto prolungato, piangevamo per lei e rimanevamo inascoltati».
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