Una buona notizia dal campo di battaglia e un'intervista di Volodymyr Zelensky che lascia intuire qualche sfumatura inedita nell'atteggiamento del governo di Kiev sul conflitto, in particolare per quanto riguarda la Crimea. L'ennesima settimana di guerra è iniziata per gli ucraini con queste due novità.
La prima, la più facile da interpretare, è legata alle parole della vice ministro della Difesa Hanna Maliar, che ieri mattina ha annunciato la conquista di Robotyne, piccolo villaggio nella zona sud-est del Paese. In sé si tratta di un pugno di case o poco più, ma per arrivarci le forze di Kiev hanno dovuto consumarsi in settimane di durissimi combattimenti, che sono riusciti ad abbattere la prima linea di difesa russa. Adesso, a poco più di una ventina di chilometri, c'è Tokmak, snodo stradale e ferroviario che potrebbe aprire la strada di Melitopol, e con la città l'accesso al Mar d'Azov, obiettivo dichiarato della controffensiva. Di fronte a se, però i battaglioni ucraini che cercano di spezzare in diversi tronconi l'area del Paese occupata dalle forze di Mosca, hanno ancora due linee nemiche: trincee, campi minati, solide barriere anti-carro. Secondo le dichiarazioni del comando delle Forze Armate i reparti di Kiev restano all'offensiva e hanno già preso di mira un paio di piccoli centri a sud di Robotyne, lungo la direttrice di attacco.
Intanto si discute sulle parole pronunciate dal presidente ucraino in un'intervista concessa domenica sera a Natalia Moseichuk, una delle più note giornaliste televisive del Paese. Il leader ucraino ha detto di ritenere possibile una soluzione negoziata per la «smilitarizzazione» e liberazione della Crimea, annessa alla Russia dal 2014. «Se arriviamo ai confini amministrativi, penso che si possa forzare politicamente la smilitarizzazione della Russia sul territorio», ha detto. In passato l'Ucraina aveva più volte sottolineato la propria determinazione a riconquistare militarmente la penisola contesa.
La portata delle dichiarazioni non si ferma qui. Secondo Zelensky una soluzione politica per la Crimea sarebbe migliore di un intervento militare, perché comporterebbe meno vittime. Allo stesso tempo, Zelensky ha assicurato nell'intervista di non voler spostare la guerra sul territorio russo. Lo scopo del nostro sacrificio, ha detto, resta la liberazione dei territori occupati. Se l'Ucraina dovesse avanzare troppo nel territorio nemico, correrebbe il rischio di perdere il sostegno dei partner occidentali e di dover combattere da sola. In entrambi i casi si tratta di dichiarazioni di maggiore moderazione rispetto al passato su temi fino ad ora affrontati in termini esclusivamente militari. Un messaggio leggibile tra le righe potrebbe anche essere rivolto all'opinione pubblica interna, che rimane di gran lunga favorevole al conflitto ma che deve fare i conti con le ingenti perdite dei reparti impiegati sul terreno. Più importanti ancora i toni sfumati rivolti all'apparenza al di fuori dei confini: «Non vogliamo una guerra della Nato, sarebbe la terza guerra mondiale», ha detto Zelensky.
Qui a essere tranquillizzati dovrebbero essere i governi alleati, che iniziano a fare i conti con i prolungarsi dei tempi del conflitto.
Nella stessa intervista, peraltro Zelensky, fa riferimento al rapporto con gli Stati Uniti, che potrebbe evolversi secondo le linee del «modello israeliano»: «Da parte degli Stati Uniti potremmo avere armi, tecnologie, addestramento e aiuto finanziario». Una falsariga che potrebbe estendersi anche alle relazioni con altri Paesi, dice il presidente ucraino. In questo caso l'accento è su un conflitto di lunga durata (come quello in cui è da decenni impegnata Israele) senza la necessità di aderire a una alleanza multilaterale come la Nato.
Altro riferimento interessante contenuto nell'intervista è quello alle elezioni, un tema su cui alcuni politici americani, come il leader repubblicano Lindsey Graham, avevano espresso delle preoccupazioni. Prima del conflitto le elezioni presidenziali erano in calendario per la primavera del 2024. Con la legge marziale sono state rinviate a data da destinarsi.
Zelensky si è detto in termini generali disponibile a programmare il voto, a condizioni però che gli americani forniscano la necessaria assistenza anche e sopratutto finanziaria. «Non posso sottrarre risorse alla guerra in corso».
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