Svolta oscurantista: ora nel mirino rischiano di finire contraccettivi e gay

Secondo il giudice Thomas è possibile il riesame di altre tre sentenze che fanno riferimento a diritti non in Costituzione

Svolta oscurantista: ora nel mirino rischiano di finire contraccettivi e gay

New York. Non solo aborto. La svolta controriformista della Corte Suprema, di cui il giudice Clarence Thomas si è fatto alfiere, passa anche per la revisione delle leggi su matrimoni omosessuali, sesso gay e contraccezione. Il togato ultraconservatore afroamericano, decano del massimo organo giudiziario Usa, ha argomentato che i nove tutori della Costituzione «dovrebbero riconsiderare» passate decisioni come quelle, appunto, in materia di accesso alla contraccezione, relazioni intime e nozze tra persone dello stesso sesso. «In casi futuri dovremmo riconsiderare tutti i precedenti sostanziali del giusto processo di questa Corte, incluse le sentenze Griswold, Lawrence e Obergefell», ha spiegato Thomas chiarendo i suoi obiettivi e sottolineando che, poiché qualsiasi decisione sostanziale sul giusto processo è «dimostrabilmente erronea», abbiamo il dovere di «correggere l'errore stabilito in quei precedenti».

Le sentenze nel mirino sono relative a casi che hanno a che fare con il diritto fondamentale alla privacy e all'eguale protezione dei diritti: la prima, Griswold v. Connecticut, risale al 1965 e dà alle coppie sposate il diritto al controllo delle nascite (ossia alla contraccezione). Lawrence v. Texas, un caso del 2003, ha invece cancellato le leggi sulla sodomia legalizzando il sesso omosessuale, mentre nel 2015 Obergefell v. Hodges ha stabilito il diritto dei gay a sposarsi.

Da quando Thomas è entrato a far parte della Corte Suprema nel 1991 è stato il più fervente oppositore di Roe v. Wade e della tutela del diritto all'interruzione di gravidanza. E quando è arrivato alla Casa Bianca Donald Trump - capendo la centralità della Corte e il ribaltamento della sentenza sull'aborto per il movimento conservatore in America - ha promesso di nominare giudici che avrebbero votato per rovesciare la Roe. Promessa che ha mantenuto con Neal Gorsuch, Brett Kavanaugh e Amy Coney Barrett, i quali unendosi a Thomas e Samuel Alito hanno permesso di avere i cinque voti per cancellare la decisione del 1973.

Nessuno degli altri giudici si è per ora allineato con la posizione estremista di Thomas riguardo omosessuali e contraccezione, ma c'è chi inizia a temere che questi capisaldi delle battaglie per i diritti civili degli ultimi decenni rischino di essere scardinati. Anche perché, fanno notare diversi osservatori, a far tremare è la motivazione scritta venerdì da Alito, ossia che «la Costituzione non fa alcun riferimento all'aborto», e alla luce di questo silenzio la Corte non può riconoscere un diritto. Stando a questo ragionamento non c'è il diritto all'aborto, e ne consegue che non c'è nemmeno il diritto alla privacy: come per Roe, però, le decisioni sui casi Griswold e Lawrence sono esplicitamente basate sul diritto costituzionale alla privacy. Obergefell non si fonda direttamente su questo diritto, ma anche il matrimonio non è menzionato nella Costituzione e quindi, secondo la teoria di Alito, immeritevole della protezione della Corte.

Mentre il presidente Usa Joe Biden è tornato a parlare della sentenza della Corte Suprema definendola «devastante, dolorosa, scioccante e terribile», si sono mobilitate anche le star di Hollywood, della cultura e dello sport, molte delle quali temono che il peggio debba ancora venire, in particolare su tematiche come i diritti gay. «L'ha detto Clarence Thomas: le fondamenta di Roe v. Wade sono le stesse che proteggono i nostri diritti», ha commentato l'attrice di Sex and the City Cynthia Nixon, che da anni si è fatta portavoce della comunità Lgbtqi+.

«Inorridita perché in America le pistole hanno più diritti delle donne», è anche anche Kim Kardashian: vicina in passato a Trump sui temi della riforma penale, ha preso le distanze da un verdetto che per l'ex presidente «è venuto da Dio». Compatto pure il mondo del basket, con una star dell'Nba come LeBron James che parla di «un abuso di potere».

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