Svolta Qatargate: Panzeri fa i nomi. Un anno di carcere multa di un milione

L'ex parlamentare Ue del Pd s'impegna coi pm belgi: "A Tarabella 140mila euro"

Svolta Qatargate: Panzeri fa i nomi. Un anno di carcere multa di un milione

L'inchiesta della Procura di Bruxelles sul Qatargate potrebbe essere a una svolta, o almeno a «un'evoluzione importante» come recita una nota dello stesso ufficio federale. L'ex europarlamentare del Pd Antonio Panzeri, l'uomo che per i magistrati sarebbe al centro del presunto sistema di corruzione da parte di Qatar e Marocco per influenzare le decisioni del Parlamento europeo, ha deciso di collaborare con la giustizia. Diventando di fatto un «pentito». E ora trenma la sinistra.

Nel carcere belga dove è recluso da oltre un mese con l'accusa di associazione per delinquere, corruzione e riciclaggio, ha firmato un accordo con la procura con cui si impegna «a informare gli inquirenti sul modus operandi, gli accordi finanziari con Stati terzi, le architetture finanziarie messe in atto, i beneficiari delle strutture e i vantaggi proposti, l'implicazione delle persone conosciute e di quelle ancora non conosciute nel dossier, inclusa l'identità delle persone che ammette di aver corrotto». La Procura di Bruxelles spiega che «è la seconda volta nella storia giudiziaria del Belgio», da quanto è stata introdotta la cosiddetta legge sui pentiti, che è stato firmato un accordo del genere. Che prevede per Panzeri un anno reclusione e la confisca dei patrimoni attualmente valutati in un milione di euro. La collaborazione è già iniziata. Panzeri ha fatto alcune ammissioni che coinvolgerebbero direttamente nello schema corruttivo l'altro europarlamentare del gruppo socialisti e democratici finito nel mirino dei magistrati belgi e per cui il parlamento europeo ha già avviato la procedura di revoca dell'immunità. Come ha rivelato ieri il Corriere, Panzeri avrebbe dichiarato di aver dato all'italo belga Marc Tarabella tra i 120 e i 140mila euro in contanti in più tranche, nel periodo in cui era in corso all'Eurocamera la discussione sul rispetto dei diritti umani in Qatar. Un dossier su cui Tarabella avrebbe cambiato giudizio, ammorbidendolo a tal punto da intervenire in commissione, a novembre, con posizioni nettamente favorevoli all'Emirato. Secondo i magistrati potrebbe averlo fatto in cambio di mazzette, quelle che ora Panzeri avrebbe ammesso di avergli «girato». Non ci sono dettagli invece sulla posizione di Andrea Cozzolino, l'altro europarlamentare - sospeso dal Pd - per cui è stata avviata la procedura di revoca dell'immunità. In assenza di contestazioni formali finora erano emersi da fonti giudiziarie alcuni possibili elementi sotto la lente della Procura belga, che legherebbero l'eurodeputato al filone marocchino dell'inchiesta. Cioè presunti contatti tra Cozzolino - il cui assistente era Francesco Giorgi, compagno di Eva Kaili e anche lui in carcere - e l'ambasciatore del Marocco a Varsavia Abderrahim Atmoun, che per gli investigatori belgi avrebbe corrotto Panzeri con soldi e regali. Ci sarebbe anche un presunto viaggio in Marocco per incontrare il capo dei servizi segreti, ma sempre smentito da Cozzolino. Che da quando è scoppiata l'inchiesta si è messo a disposizione degli inquirenti e si è dimesso dagli incarichi al Parlamento europeo. Allegati alla richiesta di revoca dell'immunità, stralci dei verbali dell'interrogatorio del 13 dicembre scorso di Giorgi: «Cozzolino era coinvolto con il Marocco, aveva dei contatti con Atmoun grazie a Panzeri.

Panzeri era il presidente della commissione Maghreb, poi ha passato il testimone a Cozzolino. Prendeva delle cravatte o degli abiti. Panzeri ne prendeva anche dopo questo passaggio di testimone. Non conosco gli importi esatti ma sono inferiori a quelli del Qatar, si parla di qualche decina di migliaia di euro».

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