Alla fine la confessione è arrivata. Se nel 2020 Ruper Stadler è stato il primo ad del gruppo Volkswagen a finire sotto processo per il Dieselgate, ieri l'ex massimo dirigente di Audi ha ammesso le proprie responsabilità nel caso delle emissioni taroccate. Davanti alla corte distrettuale di Monaco di Baviera, il 60enne Stadler ha riconosciuto di essere stato parte dello scandalo della falsificazione delle emissioni delle vetture diesel esploso nel 2014. Auto dotate di software per abbattere le emissioni del gasolio solo quando necessario: ossia durante i test di controllo del gas di scarico in fase, magari, di revisione.
È stata l'avvocata dell'ex dirigente a dichiarare alla corte che il suo assistito aveva trascurato di riferire ai partner commerciali del gruppo che le auto «taroccate», dotate cioè di software anti-test, erano state vendute anche dopo l'esplosione dello scandalo. A conclusione dell'intervento della sua legale, Ulrike Thole-Groll, l'imputato ha confermato l'aderenza al vero dei fatti contestatigli, limitandosi a dire «sì» davanti ai giudici. Un'ammissione che all'ex dirigente procurerà una sospensione condizionale della pena e una multa da 1,1 milioni di euro, risparmiandogli però una condanna a una pena detentiva compresa fra i 12 e i 30 mesi.
Si chiude così la vicenda del'ad arrestato nell'estate del 2018: Stadler ha già scontato alcuni mesi in carcere con l'accusa di aver permesso la vendita non solo di vetture manomesse dell'Audi ma anche di automobili illegali col marchio Porsche e VW. Al gruppo di Wolfsburg lo scandalo emissioni è costato diversi miliardi di dollari in risarcimenti, mentre milioni di veicoli venduti in America e in Europa sono stati richiamati dopo la vendita. La pronuncia del tribunale bavarese non sarà messa nero su bianco prima di giugno eppure la notizia dell'imminente condanna per «frode per omissione» dell'ex ceo ha fatto rumore in Germania. Da un lato c'è chi, come ha fatto la conservatrice Welt in un video-editoriale, si è detto soddisfatto: «Dopo oltre otto anni di indagini, la magistratura sta finalmente arrivando a un punto fermo». L'imminente sentenza, tuttavia, non riguarda lo scandalo emissioni di per sé ma la truffa commerciale da parte dell'Audi alle concessionarie del gruppo. La Welt ha anche ricordato che davanti al tribunale di Braunschweig è in corso un altro processo legato al Dieselgate ma il procedimento avanza con lentezza e le probabilità che un altro dirigente sia condannato sarebbero scarse. Per lo stesso motivo, ha scritto invece la progressista Taz, «l'accordo con la corte ossia una confessione in cambio di una sentenza clemente fornirà un'ulteriore prova di come la magistratura tedesca abbia fallito nell'affrontare uno dei più grandi scandali economici» nella storia del paese. La prova, prosegue la Taz, «sta nella conclusione dei procedimenti penali contro i membri del consiglio di amministrazione della VW Herbert Diess e Hans Dieter Pötsch, che sono stati archiviati in cambio di multe. Anche lo sviluppatore di motori Wolfgang Hatz, accusato insieme a Stadler, può aspettarsi la libertà vigilata dopo la sua confessione». E ancora, «molti dirigenti di Mercedes, Porsche e Bosch sono stati indagati, ma poi non sono stati imputati».
Nel dicembre 2020 la Corte di giustizia europea ha dichiarato illegali le azioni di Volkswagen. In una dichiarazione del 2021, la Commissione Ue ha affermato che Volkswagen ha venduto nell'Unione europea 8,5 milioni di veicoli dotati di dispositivi di frode.
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