Tanti dipendenti ma servizi scadenti: al Sud sprechi del 33%

Roma L'inefficienza della pubblica amministrazione abita laddove vi è un tasso di disoccupazione maggiore, nel Centro-sud e nei Comuni montani.

Quello che potrebbe sembrare un luogo comune è stato oggetto di un riscontro econometrico da parte di due economisti della Banca d'Italia, Francesco D'Amuri e Cristina Giorgiantonio, il cui studio La distribuzione dei dipendenti pubblici in Italia è stato di recente pubblicato nelle «Questioni di economia e finanza» di via Nazionale. L'analisi si fonda sulla misurazione di pochi parametri: personale, ore lavorate e produttività nei servizi anagrafici dei Comuni misurata come numero di carte d'identità rilasciate, numero di eventi registrati nel registro di stato civile e numero di variazioni anagrafiche. Questi dati sono stati desunti dal Conto annuale delle della Ragioneria generale dello Stato relativo agli anni 2011 e 2012.

Ebbene, nei Comuni nelle aree con maggiore disoccupazione, del Centro e del Sud e di montagna c'è una sproporzione tra il personale impiegato e le pratiche concluse. Se per un comune cittadino questo significa che la pubblica amministrazione viene utilizzata come un ammortizzatore sociale, per i due economisti di Bankitalia significa che le procedure di mobilità non funzionano nonostante i numerosi interventi legislativi degli ultimi anni. Infatti, se il 25% dei Comuni meno efficienti raggiungesse gli standard del restante 75%, sarebbe necessario il 33% di ore lavorate in meno nelle aree «problematiche». Ora, poiché gli statali sono illicenziabili, si potrebbe approfittarne per ricollocarli laddove vi sono carenze di personale. Ma, come osservano gli autori, vi sarebbe innanzitutto il problema della ridotta mobilità, legata alla volontà dei singoli piuttosto che alle esigenze delle amministrazioni.

Il secondo è l'inquadramento in quanto i diversi comparti della funzione pubblica non sono sottoposti ai medesimi regimi contrattuali e le «tabelle equiparative» sono spesso oggetto di ricorsi. Senza contare che i fondi per incentivare gli spostamenti sono esigui.

GDeF

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