La guerra alle porte dell'Europa da ottanta giorni, i prezzi delle materie prime che aumentano senza sosta, con lo spettro di una drastica riduzione delle forniture energetiche e la prospettiva di un autunno-inverno di austerity per il nostro Paese. Uno scenario a tinte fosche che dovrebbe togliere il sonno a molti amministratori pubblici. Invece nel Belpaese delle meraviglie succede che un sindaco sia preoccupato da ben altri orizzonti. Siamo in Puglia, Salento, sulla spiaggia di San Basilio a San Foca: domenica pomeriggio il primo cittadino di Melendugno (Lecce), Marco Potì, mentre ammirava il paesaggio costiero ha pensato di pubblicare il suo sfogo su Facebook. «Una bellissima domenica, con un mare stupendo. Ma cosa occupa la meravigliosa visuale panoramica? Toh! Due grosse navi, con motori rumorosi e sempre accesi, che operano (da oltre due mesi?) a più di 400 metri dalla costa per lavori sul gasdotto Tap, dicono. Ma non si potrebbero rinviare a dopo la stagione turistica questi fastidiosi e inutili lavori (forse fatti anche fuori dai termini autorizzativi)? Lo diciamo per tanti amici...».
Insomma, si chiede il sindaco, è proprio questo il momento di rovinare la vista a bagnanti e turisti? E, aggiungiamo noi, proprio mentre a Kiev si combatte e a Bruxelles si litiga sull'embargo al gas russo?
Le due navi sullo sfondo del mare cristallino di Melendugno - peraltro insignita anche nel 2022 della Bandiera Blu nonostante la realizzazione del gasdotto tanto vituperato da sinistra e grillini - sono della ditta Next Geosolutions, incaricata dalla Trans adriatic pipeline (Tap) della installazione dei dissuasori anti-strascico in mare, nei pressi del punto di uscita del micro-tunnel del gasdotto che porta metano dall'Azerbaijan all'Italia, approdando sulla costa salentina. Si tratta di lavori volti ad impedire la pesca a strascico (illegale) che potrebbe danneggiare il micro-tunnel. L'operazione è autorizzata dal ministero delle Infrastrutture e delle Mobilità sostenibili e i lavori, iniziati il 14 aprile, dovrebbero concludersi il 31 maggio. Un sacrificio limitato nel tempo, ma evidentemente insopportabile pur in questa fase di emergenza internazionale e nel bel mezzo di un'economia di guerra. Non tutti i concittadini di Potì, a dire il vero, sono d'accordo e assecondano la crociata No Tap. C'è chi fa notare «veramente pensate che il turista sia disturbato più dalle navi al largo rispetto a quel delirio di segnaletica che avete fatto?». Mentre un altro utente contrattacca: «Post fuorviante ed elettorale per quei quattro gatti che ancora guardano al Tap come una disgrazia. Nessun problema di inquinamento, di rumore, di chiazze in mare, nessun impatto visivo sul territorio, ma solo una grande infrastruttura. Solo mera propaganda politica di cui il sindaco dovrebbe dare atto, visto che conosce perfettamente il motivo per cui la nave sta effettuando dei lavori».
Guardate di nuovo questa foto. Le navi al largo di San Foca non sono certo gli incrociatori che assediano Odessa, eppure nell'Italia affetta dalla sindrome Nimby («not in my back yard», non nel mio cortile) fanno paura quasi allo stesso modo. Tap, dipinto come il demonio da leader di partito, governatori ed ex ministri per fini di mero consenso, in poco più di 14 mesi dall'avvio delle forniture ha già trasportato in Europa 10 miliardi di metri cubi di gas naturale, 8,5 dei quali hanno raggiunto l'Italia garantendo il 10% dell'approvvigionamento nazionale. Tap punta al raddoppio dei flussi in quattro anni (18-20%), condizione fondamentale per diversificare il rischio e affrancarsi dalla dipendenza russa.
Ma oggi quelle navi all'orizzonte rappresentano il simbolo di un Paese ostaggio di campanilismo e immobilismo. E dove, come nella metafora di Esopo, perfino in tempi di crisi è più comodo comportarsi da cicale al sole che ragionare da formiche in vista dell'inverno.
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