La storia è magistra vitae e Bruno Vespa la conosce a menadito. Compresa quella della Rai, che il direttore di Porta a Porta padroneggia anche dall'alto della sua esperienza. Ieri, sul Quotidiano Nazionale, è apparso un pezzo che potrebbe aver infastidito il canto corale contro «TeleMeloni».
Così la chiamano, quelli convinti che esista. Che poi sono più o meno gli stessi che gridano scandalizzati all'attacco alla libertà di stampa in Italia. Rammenta Vespa che i «dirigenti delle televisioni pubbliche da nessuna parte vengono portati dalla cicogna». Insomma, meravigliarsi per la lottizzazione può risultare non credibile. La prassi, poi, è almeno continentale. Vale per la Spagna, per la Francia e persino per la Gran Bretagna. E vale certo per l'Italia, dove lo spoil system televisivo non è una novità degli ultimi due anni e mezzo. Vespa cita Ettore Bernabei, un «genio», il controllo su TV7 e l'indirizzo democristiano. È in questo passaggio dell'articolo che il direttore ricorda il taglia fuori subito in maniera scientifica da Giorgio Almirante e dal Movimento sociale italiano in Rai. «Niente interviste al tg. E mi dispiace». Il tempo passa, la tv di Stato resta e la Rai diventa un binomio Dc-Psi. Con una sorta di manuale Cencelli applicato ai notiziari: il Tg1 agli scudocrociati, il Tg2 ai garofani. Col caso Barbato come eccezione. Tutto scorre, fino alla comparsa di «Telekabul» e della sinistra al potere al Tg3. «Che rispetto a certi programmi che trasmette oggi La7 era un telegiornale doroteo», ironizza il giornalista.
Tra le righe, sembra d'intuire: la destra, in Rai, non è mai stata l'indiscussa padrona di casa. Forse neppure una locataria: «La struttura portante dell'azienda era e resta di sinistra». Il conduttore televisivo continua a riavvolgere i fili della memoria e arriva fino all'epoca di Silvio Berlusconi. Pure «l'editto bulgaro» ha un prologo: «Per evitare che Berlusconi andasse al potere, alla vigilia delle elezioni del 2001 Raiuno (Biagi e Benigni), Raidue (Luttazzi e Santoro), Raitre (Santoro) aprirono un imponente e impudente fuoco concentrico di sbarramento. Mi piacerebbe ritrasmettere integralmente quelle puntate e aprire un dibattito, visto che allora la stampa più autorevole non batté ciglio». Qualcosa che l'ex direttore del Tg1 non fatica a definire irriproducibile: «Se oggi Telemeloni facesse una cosa del genere, avremmo la lotta armata nelle strade». Così, si arrivi spediti e dritti al report Ue sulla libertà di stampa: «...non è più sconcertante che in un report europeo si arrivi a questa conclusione dopo aver interpellato solo otto giornalisti di sette testate antigovernative?», si domanda l'ideatore e conduttore di Porta a Porta.
E proprio sulla Rai la maggioranza di centrodestra sembra voler accelerare prima della pausa estiva. Ieri Riccardo Molinari, capogruppo della Lega alla Camera, ha risposto a una domanda sulla possibilità che i deputati votino sul Cda prima della pausa estiva. «Non ne abbiamo notizia ma, visto che manca una settimana, ne dubito», ha detto. Possibile però che il rientro della premier Giorgia Meloni dalla Cina coincida con il vertice decisivo tra leader. Possibile che il summit si svolga tra oggi e lunedì.
Sul tavolo i temi sono due: i vertici e appunto il Consiglio di amministrazione. Fdi vorrebbe un'accelerazione. La Lega, dal canto suo, vorrebbe la casella del direttore generale. La sensazione è che tutto possa sbloccarsi in breve tempo.
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