Tensione sul caso Zaia. "Ma troveremo la quadra"

Terzo mandato, le frecciate di Gasparri e la ricerca di un'intesa. Lega agguerrita al Consiglio federale

Tensione sul caso Zaia. "Ma troveremo la quadra"
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Una cosa è chiara a tutti, nel centrodestra: con Luca Zaia bisogna fare i conti. A meno di non voler perdere una Regione oggi praticamente inespugnabile, o mettere a rischio maggioranza e governo.

«Il Veneto sarà il vero snodo della legislatura», dice, con qualche preoccupazione, un dirigente di Forza Italia. Come fare i conti con un «Doge» da 2 milioni di preferenze personali (40% alla lista col suo nome, il che porta i suoi a spiegare che «volendo, Luca in Veneto vince anche da solo»), però, non lo sa ancora nessuno, a cominciare dalla premier Giorgia Meloni. Per non parlare del capo leghista Matteo Salvini, che oggi si ritrova la patata bollentissima sul tavolo del Consiglio federale del partito, che avrebbe dovuto essere dedicato a questioni puramente organizzative (il tesseramento in vista del congresso di marzo) e invece rischia di essere cassa di risonanza del dramma politico che vive il Carroccio: Zaia è il suo più pericoloso competitor interno, il Nord è in subbuglio, c'è grande malumore contro il vicepremier che avrebbe dovuto far sentire la propria voce sul caso Zaia ma «ha dimostrato di non avere forza contrattuale», dicono i veneti.

«Vedremo se si chiuderà la questione o si dovrà discuterne ancora», dice il capogruppo leghista Molinari. In ogni caso «Meloni, come Silvio Berlusconi, dovrebbe avere l'elasticità di capire che ci sono situazioni in cui bisogna dare spazio agli alleati, anche se in quel frangente temporale sono meno forti elettoralmente». Il governatore leghista della Lombardia, Attilio Fontana, cerca di smorzare le polemiche: «Si poteva fare qualche valutazione in più, ma il dibattito è stato superato dalla decisione del governo, alla quale noi ci inchiniamo».

Il «no» della premier al terzo mandato per i governatori è del resto irremovibile, anche perchè creare un'eccezione significherebbe darla vinta anche a Vincenzo De Luca, senza il quale la prospettiva di strappare la Campania al centrosinistra è assai più concreta. Su questo tema Meloni conta sul pieno appoggio di Elly Schlein, che pur di liberarsi dell'ingombrante «cacicco» campano è disposta a regalare la candidatura a un grillino e la regione al centrodestra. Così come inaggirabile appare la volontà di Fratelli d'Italia, di gran lunga primo partito della coalizione a livello nazionale, di avere un proprio esponente alla guida di una regione chiave del Nord: si ipotizzano i nomi del ministro Adolfo Urso o del luogotenente meloniano veneto Luca De Carlo.

Ma il Veneto «per noi è una questione di vita o di morte», dicono nella Lega. Come uscirne? Il capogruppo di Fi al Senato, Maurizio Gasparri, sia pur con toni bruschi («Troveremo il modo di sfamarlo»), afferma che bisogna trovare una compensazione seria per Zaia. «Troveremo la quadra», assicura Augusta Montaruli di Fdi. L'ipotesi della presidenza del Coni appare già sfumata: il Doge ha declinato l'offerta. Quella di un posto per Zaia nel governo è complicata: Meloni la vedrebbe di buon occhio, Salvini però soffrirebbe assai la concorrenza interna. Un incarico europeo? «Ma la Lega e il gruppo dei Patrioti non hanno alcun peso politico in Ue», fanno notare dalla maggioranza.

«Come va a finire con Zaia in Veneto? Non lo so, dico solo che diffido dai politici che si ritengono eterni», commenta dal Pd Schlein.

Che è alle prese con l'analogo caso De Luca, e le contestazioni interne: «Il Pd deve prendere atto della forza, popolarità e risultati di De Luca, e arrivare a un compromesso», la avverte l'ex segretario Pierluigi Bersani. Altrimenti la Campania è persa.

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